lunedì 25 gennaio 2010
Donnalucata, luglio 1943
Comincia oggi la pubblicazione quotidiana dei racconti suggeriti da un'immagine: il tema da trattare liberamente, ed entro trenta righe, è stato stuzzicato da un'illustrazione già disegnata e nient'altro. La sfida non era affatto facile, ma Eluz, Fara, Pirsimona, Salvatore, Tanus e Yorick, dopo la bellissima prova della fiaba plurima de "La Giacca rossa del topo scatenato", hanno vinto anche questa scommessa.
di Salvatore
Sentiva il sangue pulsargli alla tempia, il fiato era grosso, era ancora bagnato, le due ore trascorse fra gli scogli dopo la nuotata, nonostante la notte calda, non erano bastate ad asciugarsi.
Il paracadute si era arenato verso levante, la corrente l'aveva portato a riva e adesso si vedeva ancora gonfiarsi fra mare e scogli bassi dove era riuscito ad arrivare dopo qualche centinaio di metri di nuoto. Non si vedeva nessuno eppure i suoi contatti avrebbero dovuto esserci, come si chiamava? Don Nittu. Se non lo trovava come si sarebbe organizzato? Ma perché l'avevano mandato lì, la sua famiglia era di Agrigento, qui non conosceva nessuno, era troppo a sud, il suo siciliano era arrugginito, era quello che si parlava in casa, ma lui era nato a Brooklyn e non c'entrava niente con questa guerra, lo faceva per la famiglia, ma non voleva rimetterci la pelle perché i suoi potessero fare il loro comodo, comunque la casermetta sul mare era vuota, si era spaventato a vedere spuntare dalle feritoie due cannoni, ma poi assicuratosi che non ci fosse nessuno si rese conto che erano di legno, non c'era nessuno, anzi adesso verso levante ondeggiava una lucetta, cos'era? Un lume, rumore di gente che si muove, il paracadute non si vede più, forse è Don Nittu, aspettiamo mettiamoci dietro il muro.
No non è Don Nittu, questi sono in divisa, hanno dei fucili ridicoli, come quelli del cinema dei tempi di Wilson, addirittura con la baionetta, soldati italiani, allora qualcuno c'è. Silenzio, fermo, qua dietro non mi vedono, passeranno oltre, certo che rimetterci la pelle stasera sarebbe proprio scalogna, domani sbarcano e mi trovano qui morto, magari mi danno anche una medaglia alla memoria, merda chi se ne fotte!
Intanto nel drappello dei soldati Saro che si portava il paracadute appresso diceva a Totò, - spiramu ca nun lu truvamo all'americanu, talé ca chi stoffa fina cu chista ci fazzu u corredo a Ncilina -
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Bello il quadro e bello il racconto
RispondiEliminaGianni, splendido l'occhio del fuggiasco,
RispondiEliminaSalvatore, mi è piaciuto molto il finale perchè mi pare di immaginare Ncilina.
D'accordo in pieno con Fara e Gigliola. Mi ha colpito anche il contrasto tra i toni. Nel racconto quello incalzante dell'americano, ribaltato nel finale; nel quadro quello insanabile tra uomini e natura.
RispondiEliminaNcilina meriterebbe un racconto a parte: che ne dice Salvatore?
RispondiEliminaciao tutti , scuza per non aver dato notizie durante molto tempo ma ero perché ero in concorso.Mi piace molto il quadro e il racconto. Domani cerco di proporre anche un racconto se avessi il tempo.
RispondiEliminache bella questa illustrazione Gianni. Ma una bella Graphic Novel sulla seconda guerra mondiale fatta così?
RispondiEliminaSalvatore si legge sempre con immenso piacere.
RispondiEliminaBentornato tra noi.
Bentornata Alice.
RispondiEliminaClaudio, ma sai che nel progetto che frulla lentamente nella mia cucuzza qualche scena di guerra è prevista?
Bravo Salvatore, con un quadro del genere mi sarebbe venuto in mente un racconto tipo sbarco in Normandia con tutto ciò che ne consegue, e invece tu hai saputo rendere più leggera questa scena con soldati e spie improvvisate.
RispondiEliminaSalvatore, aspettiamo anche la storia di Ncilina!
RispondiEliminaSalvatore, hai fotografato un istante immortalando magistralmente sensazioni, pensieri, gesti e storie (ci potresti raccontare anche di Saro e Totò, oltre che di Ncilina!)... Bello bello bello!
RispondiEliminaSalvatore, non puoi sottrarti: a furor di popolo: Ncilina!!! E anche Saro e Totò!
RispondiEliminaMi aggiungo anch'io alla richiesta: vorrei leggere le loro storie, secondo la chiave scelta da Salvatore!
RispondiEliminaRagazzi, volevate Nclina? Ebbene, Ncilina è a casa mia in un file che è già racconto. Prossimamente su questo schermo. Salvatore non si è fatto pregare. Grazie!
RispondiEliminanon lo sapevo. Mi informai di una buona novità. leggerei quello con molto piacere
RispondiEliminaEvvaiii!!!! Grazie Salvatore!!!! :)
RispondiEliminaNcilina,
RispondiElimina"Passando dietro la casermetta a Totò gli corse l’occhio verso la Garitta e fece caso a un’ombra appena accennata, ma lui aveva la vista allenata dalla pesca a prua con la fiocina – Saru – bisbigliò – u miricanu, mi puozzu sbagniari, ma pi mia è arrieri a garitta – Zittiti – rispose Saro con un sussurro, poi ad alta voce – o launaru mi para genti – il maresciallo diede l’ordine di andare avanti verso l’insenatura che si intravedeva a un centinaio di metri dalla casermetta , ma non trovarono nulla, a quel punto il plotoncino di riservisti si fermò e il maresciallo li mise in libertà, alcuni avevano casa nelle vicinanze e ormai che la guerra, almeno in quel lembo di Sicilia davanti a Malta, era persa, se lo sentivano tutti; erano due giorni che, fra bombardamenti aerei e navali, non avevano pace e loro lo sapevano di far ridere col loro vecchio 91, di soldati veri non se ne erano visti.
Saro e Totò piano piano, quando furono soli, tornarono indietro passando da sopra fra la scoparina e le zammarre; all’altezza della casermetta videro l’uomo, - Miricanu – gridò Saro – no miricanu, picciotto - rispose l’uomo.
Dopo qualche schermaglia verbale si capirono, L’americano si chiamava John, veniva da nuova york ed era figlio di Masi Lopez di Agrigento, ma lui era nato in America, il paracadute era suo e l’indomani avrebbero visto, comunque aveva avuto ordine di prendere contatto con don Nittu.
Di questo don Nittu né Saro né Totò avevano mai sentito parlare, del resto lui pensava di essere a Gela e invece era almeno 70 kilometri più a sud.
Saro accettò di ospitarlo, anzi di nasconderlo, soprattutto dopo che John gli aveva regalato il paracadute. Lo nascose in una casa di paglia, in campagna, in contrada Piane.
L’indomani mattina ricominciò il bombardamento, ma stavolta il mare era tutto occupato da navi. Erano schierate a meno di 5, 6 miglia dalla costa e da ponente a levante occupavano tutto l’orizzonte.
Nella grotta di Chiafura Ncilina, una ragazza di 16 anni, bianca e rossa “comu na cirasa” , la mattina vide arrivare Saro, suo padre, seguito da un giovanotto con la barba lunga e, quasi contemporaneamente cominciò a sentire le cannonate che facevano tremare la montagna; suo padre portava un fagotto, entrò nella stalla e scanzato Pinuccio, l’asino che masticava lento quel po’ di paglia che aveva nella mangiatoia, lo nascose sotto una balla, nel solaio, adibito a piccolo fienile.
Intanto John si guardava intorno, era un quartiere di case scavate nella montagna, la gente andava e veniva, dava la voce a Saro e chiedeva – què? E’ tedescu? – No Miricanu, ma so patri è di Girgenti; stanu sbarcannu duoppu Timpirussi, u mari è chinu ri navi ruossi, fra n’urata su ccà.-. La gente non si meravigliava più di tanto, quelli impressionati erano a mare perché avevano visto le navi, nessuno pensava che c’è ne potessero essere tante.
John si avvicinò a Ncilina e dalla tasca dei calzoni trasse una tavoletta incartata , sulla carta c’era scritto “U.S. Navy”; Gliela porse con un sorriso – good good to eat, manciari – disse; Ncilina Guardò suo padre, questi gli disse –pignatilla-, timidamente allungò la mano, la prese, svolse la carta –manciari manciari- ripeté John facendo il gesto di portare qualcosa in bocca, Ncilina la assaggiò, era dolce, qunt’era buona, sembrava un torrone, ne prese un altro pezzettino e per la prima volta in vita sua mangiò la cioccolatta."