venerdì 29 gennaio 2010
Crudeli innocenze
di Eluz
-Non avevo mai preso un tassì- pensò Nino, correggendo quel pensiero un attimo dopo. Gli tornò in mente la volta che con Peppino, il bambino più biondo del quartiere, era salito su un taxi della città senza che l'autista se ne accorgesse. Mai avrebbe potuto dimenticare le urla di quello prima di buttarli fuori dall'auto. Ci pensò su: -E' una vita che scappo- si disse. Oggi fuggiva ancora. Dalla sua città e da un'esistenza fatta di furti, spaccio e truffe varie. Aveva alzato troppo il tiro fregando quelli sbagliati, e loro gli avevano promesso che l'avrebbe pagata. La sua vita era diventata un incubo, fino a quando aveva deciso di andare via. Il taxi si ferma davanti il suo albergo. Nino paga e scende sbattendo la portiera senza neppure salutare il tassista che non fa una piega. Prende la chiave e sale in camera, improvvisamente assalito dalla stanchezza e dalla tensione del viaggio. Si spoglia lasciando cadere disordinatamente i vestiti sul pavimento, entra nella doccia schiacciandosi contro il vetro fumè, lascia sbattere per terra il getto d'acqua ancora freddo aspettando di farsi colpire solo quando sente il vapore caldo appiccicarsi alla pelle nuda. Guarda l'acqua che forma un piccolo vortice prima di sparire, e pensa che sarebbe bello se anche i suoi problemi potessero scivolare via così facilmente. Esce dalla doccia e, tamponandosi le guance con le mani profumate di dopobarba, esclama soddisfatto: -Chi bieddu, però, ah! Dopo avere assolto a tutte le pratiche per "rendersi presentabile", come amava dire con falsa modestia, esce, conquistando la strada con quella sua andatura dinoccolata. Inizia così la sua nuova vita, tra le vie di un quartiere a luci rosse, una sbronza, una sniffata di coca e la frequentazione di tipi loschi. Conosce molte donne, e con ognuna di esse divora la notte in modo diverso. A certe promette amore eterno mentre lentamente passa le labbra sul loro collo e sui seni. Ad altre non chiede neppure il nome: le spoglia con quella foga e quella voglia che fanno tremare le mani e le labbra, nell'attimo precedente all'orgasmo che li fa crollare tra i gemiti e i sospiri. In poco tempo Nino riesce a farsi presentare "i capi" della zona ottenendo la loro fiducia per lavori sempre più importanti. Una sera, tornando a casa, ha la spiacevole sensazione di essere seguito. Sente uno sguardo costante piantato sulla schiena. Si volta verso la strada, ma non vede nessuno. Tentando di trattenere il tremore delle dita, cerca la chiave nella tasca, la infila nella toppa e la fa girare. Non ha il tempo di aprire la porta che sente il peso di una mano sulla sua spalla e una voce che conosceva bene, dirgli: -Pensavi d'averla fatta franca, eh? Non ti chiederò neppure se hai i soldi che mi devi. Ho già perso troppo tempo con te.- Nino non pensa più nulla, adesso. Sente solo il rumore ovattato di uno sparo, e l'ultima cosa che vede è il suo sangue scuro che penetra le fughe del lastricato.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Molto bello.
RispondiEliminaUna vita in un quadro, vissuta con le parole di Eli.
Nati l'uno per l'altro, il racconto ed il quadro. Non penso sarebbe stato possibile scriverlo meglio.
Pienamente d'accordo con Tanus! Il quadro (bellissimo) è molto articolato, ed Eluz lo ha raccontato con un altro linguaggio. Bello il modo con cui Eluz rende la passione e l'azzardo: vedi la pelle e ne senti sudore mentre la notte viene "divorata". Bella immagine anche questa!
RispondiEliminaEluz ha anche un talento cinematografico che dovrebbe assolutamente coltivare.
RispondiEliminaBellissimo Eluz. Belle anche le citazioni cinematografiche (Hitchcock in primis). Un grande affresco!
RispondiEliminaEluz, si legge tutto d'un fiato il tuo racconto!
RispondiEliminaEluz, finalmente mi sono potuta dedicare alla lettura della tua storia! Qui tra sequel da inventare e nuovi post da leggere non si sa dove cliccare prima.
RispondiEliminaMi piace com'è articolata la storia, il fatto che ci fai passare dal personaggio bambino all'adulto senza quasi farcene accorgere. Ma forse non ce ne accorgiamo perchè quel bambino non è mai cresciuto...
Ha fatto tutto il quadro di SoleNuvole: la mia storia era già scritta lì.
RispondiEliminaVoi siete troppo buoni, però! :) Grazie...
Eluz, pensi di fare il bis con un sequel? (A me piacerebbe qualcosa che racconti Nino da ragazzino: un pre-sequel, dunque).
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaEluz, che volevi scrivere? Anzi, cosa avevi scritto?
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIl presequel... Ma era venuto decisamente troppo lungo. Questa è la versione modificata e corretta (ventinove righe!!!), spero vi piaccia! :)
RispondiEliminaA scuola non ci voleva andare. All'inizio sua madre aveva provato ad insistere, senza troppa convinzione, poi gli insegnanti avevano sollecitato i servizi sociali, e allora Giovanni, suo padre, lo aveva obbligato. Nino non aveva alternativa, o la sua schiena avrebbe provato la cinta di cuoio nero.
RispondiEliminaOgni volta che vedeva i presagi di quel gesto -lo sguardo che cambiava, le mani che si avvicinavano alla fibbia della cintura prima che in un attimo queste potesse scivolare veloce tra i passanti- iniziava a tremare. Tremare e basta. Non scappava, sarebbe stato inutile. Una volta era corso via prima che suo padre potesse acchiapparlo, ma al ritorno le cinghiate avevano fatto ancora più male.
Andava a scuola, dunque. Ma raramente restava in classe: era così indisciplinato che passava le ore dietro la porta, in punizione. Una volta fu pure espulso: aveva gettato un compagno fuori dalla finestra. -Per scherzo!!! Siamo solo al primo piano!!!-, ma i professori non ne vollero sapere: -Se lasciamo passare ogni cosa, chissà questo che ci combina la prossima volta!-
In quell'occasione suo padre lo aveva picchiato più forte, ma non per via dell'espulsione: non gli importava dell'andamento scolastico del figlio, neanche sapeva cosa fosse questo "andamento scolastico". Semplicemente non sopportava d’essere stato chiamato dalla scuola per essere rimproverato. I professori avevano sollevato dei dubbi sull’ambiente domestico: chissà che educazione gli stavano impartendo a casa, chissà che cosa vedeva ogni giorno quel ragazzo, per essere così aggressivo con i compagni…
Capitava, a volte, che suo padre uscisse dall’officina e andasse al bar a bere con gli amici. Capitava poi che tornasse e che litigasse con la mamma. Capitava di sentire urla che oltrepassavano le mura della sua stanza, e silenzi che facevano più male delle cinghiate. Capitava allora che Nino ricacciasse giù le lacrime e scappasse scaraventandosi in strada, andando in cerca di immagini che potessero distrarlo da quei pensieri. E di immagini, in quella strada, se ne trovavano a bizzeffe. Soprattutto la notte. Nino e ‘u biunnu, il suo unico amico, sbirciavano da dietro le macchine posteggiate le acrobazie degli amanti a pagamento che offrivano loro spettacoli eccitanti e spunti per la rapace fantasia adolescenziale. Nei pomeriggi scorazzavano con un vecchio Ciao rubato che suo padre era riuscito a rimettere in moto. Se ne andavano a toccare il culo alle ragazze per strada, oppure a scippare qualche vecchietta.
Passa così l'infanzia di Nino, nella ricerca forsennata di emozioni forti e giochi da grandi che, ancora non poteva sapere, lo avrebbero cacciato in un mare di guai.
Bellissimo, Eluz. Ne è valsa la pena attendere tanto!
RispondiEliminaGrazie SoleNuvole... E' stato un racconto un po' "contrastato"... Ma ripeto, le storie erano già tutte nel quadro! Buona domenica! :)
RispondiElimina