giovedì 11 marzo 2010

Fiaba preistorica - 2


Quadro Due

7 commenti:

  1. Quando andarono a dormire il fuoco era ancora acceso. Appena l'ultima fiammella del falò si addormentò, altre piccole fiammelle ne presero il posto tutto intorno a loro. Tetre coppie di lucciole gialle comparvero tra gli arbusti che circondavano l'accampamento. Erano occhi di tigri vendicative, le sorelle di quella che ancora non era stata digerita.
    L'attacco, l'allarme... tutto in un attimo. Donne e bambini fuggivano intorno, gli uomini cercarono di combattere. Nderi allungò la mano per prendere la sua lancia e la nuova clava, che giacevano accanto al falò ancora baluginante di braci sotto la cenere. Mentre si chinava a raccogliere le armi una fiera sanguinolenta e impazzita finì proprio su quello che rimaneva del falò. Si sollevò una nuvola densa e infuocata che lo colpì in pieno viso. Nderi urlò di dolore sbarrando orribilmente gli occhi, colmi di piccoli globi di fuoco liquido, alla ricerca di un alito fresco che li potesse consolare.
    Si sentì improvvisamente afferrare da braccia umane. Qualcuno lo trascinava via, ma non riusciva a vedere chi. Dei lampi senza colore furono sostituiti velocemente, nelle sue pupille, da un buio ancora più acromo. Aguzzò l'udito, riusciva a sentire tante voci, ma non udiva quella dei suoi genitori.
    Era rimasto solo... e al buio.

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  2. La tigre dai denti a sciabola per fortuna non era affamata, si era sfamata con le prede spaurite dal brontolio del vulcano, quindi non degnò di uno sguardo Urk, riverso in una pozza di sangue. Anche l’uomo che lo aveva colpito, preso il serpente, se ne andò e lui, cominciando a svegliarsi, si toccò la testa e sentì caldo e appiccicoso il liquido che stava rapprendendosi; che strano, tutto era buio, quanto era rimasto così? Possibile che fosse già notte? Cercò di guardarsi le mani, ma tutto restava buio, intorno solo l’odore della terra, poi capì. Non vedeva! Lo sgomento e la paura lo fecero tremare, ma ecco ora un odore, la femmina, lo scosse, lui ne sentiva l’odore, ma non vedeva, allungò la mano e toccò il suo viso.
    Si poteva sopravvivere ciechi, in quei tempi bui? Forse si, ma non per molto e non da soli, eppure la femmina si fermò vicino a lui, non gli avrebbe più procurato il cibo che dà forza, ma lei poteva imparare a farlo da sola, intanto una dolce radice poteva donargliela e lo fece.
    Ecco un’altra cosa che dovette avvenire, il mutuo soccorso, aiutare senza aspettarsi un vantaggio, anche questo deve aver contribuito a farci diventare uomini, amore e ferocia, i due poli dell’umanità.

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  3. “Palla di fuoco” si era nascosto da tempo dietro le rocce. ‘Ngo e Gronko avevano finito di mangiare gli “Striscianti” che Ngaga aveva arrostito sulle pietre calde. Ngaga grugniva sempre, non sopportava di dover badare al fuoco che ardeva in fondo alla caverna, là, nel posto più buio e riparato perché “Soffio-dispettoso” non lo spengesse. C’erano tanti demoni in giro e qualcuno doveva sempre stare attento che non facessero danni. Ed era compito di Ngaga fin da quando erano arrivati gli “inermi”, vigilare sul fuoco e sui demoni. Per questo passava il suo tempo a grugnire e a disegnare sulle pareti della caverna le cose che non aveva potuto più fare.
    Dopo mangiato Gronko si raggomitolò tra le pelli in un anfratto e si addormentò. Ma non ebbe una notte tranquilla. Le sue “finestre di luce” ardevano come fuoco. Quando sentì sulla pelle il calore di “Palla di fuoco” , si alzò e cercò di aprire le “finestre di luce”. Ma non c’era luce. C’era solo il calore. Gronko ebbe paura. Sapeva, sentiva che “Palla di fuoco” era lassù in alto ma le sue finestre di luce non lo vedevano più e intorno c'era solo nebbia scura.
    -‘Ngooo, Ngaaaagaaaa
    Urlava a più non posso, girando in tondo.
    Nessuno rispose.
    Gronko era rimasto solo e senza luce e cascate di “molle-fresca” cominciarono a bagnare le sue guance appena ricoperte da una rada peluria.

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  4. Il giorno dopo la prima battuta di caccia di Mosi, gli uomini della tribù gli insegnarono a fabbricare le frecce avvelenate per catturare le prede. Le frecce dovevano essere ricoperte con la sostanza ricavata dalla bollitura di una pianta velenosa che cresceva sulle pendici del vulcano. Dapprima si recarono tutti insieme a tagliare i rami di questa pianta; il fusto era panciuto e molto resistente e Mosi ebbe qualche difficoltà ad accumulare un certo numero di rami. Dopo la bollitura, la sostanza alcaloide prodotta veniva tritata e impastata sotto la punta delle frecce. In questo modo se la freccia
    non avesse colpito la preda in un organo vitale, il veleno ne avrebbe comunque causato la morte. Mosi ricoprì di veleno molte
    frecce imitando i gesti degli adulti; alla fine della giornata era molto stanco e, sbadigliando, si sfregò gli occhi con le dita
    con il tipico gesto dei bambini assonnati. Le sue mani però erano impregnate di veleno. Un'improvviso bruciore lo fece gridare e piangere a dirotto per tutta la notte. La mattina finalmente il bruciore passò, ma Mosi non vide la luce del nuovo giorno

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  5. Come quando mi sono punto con la pianta, mentre volevo riprendere la lancia. Come quando ho camminato sulla pietra appuntita. Come quando mi sono appoggiato sulla roccia e mi è entrata nella gamba la spina artiglio. Non è stato dolore, ma sorpresa fortissima. E non ho sentito male nel punto esatto dove c’era la spina, ma da un’altra parte. Non alla mano, dove c’era il sangue: alla schiena, invece. Solo la sorpresa che fa male, mi ricordo. Il serpente mi ha affondato i denti nel polso, sicuro. È andata così. Ho sentito un colpo; il ruggito che diventava forte; poi spariva; la voce di Sole che mi gridava «Vento, Vento, svegliati»; io che non volevo svegliarmi; io che dormivo; il fastidio di Sole che mi muoveva. Basta. Più niente. Stavolta non ho un comequando. Quando ho sonno e non mi voglio svegliare, se Sole mi muove o mi parla, mi sveglio. Ora voglio solo che questa notte finisca. Ora apro gli occhi come quando è mattina. Però voglio vedere stelle, rosso del vulcano, bianco di luna, nero di albero. Voglio vedere, come quando è mattina. Ora apro gli occhi di nuovo e voglio vedere.

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  6. Quando Datro riprese i sensi,il dolore lancinante alla testa gli parve ben poca cosa.
    Ben altra ferita era stata inflitta al suo corpo.Si trovava in una caverna,sentiva suoni,
    rumori,grugniti,provenivano da un buio profondo
    non riusciva a vedere.Cerco' di toccarsi il viso ma una mano lo impedi'.Era Orea,l'aveva riconosciuta,era una una fanciulla con cui, poco tempo prima, aveva avuto uno scambio di doni.Lei,alla morte del padre,aveva portato a Datro una punta di lancia che il padre non era riuscito a terminare,e lui,qualche giorno dopo,le aveva donato una pietra verde che aveva trovato sulle rive di un fiume.

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  7. Ebbe solo il tempo di sentire un ruggito mai udito prima, quando qualcosa lo colpì sbalzandolo sotto la rupe. Così, disteso e incapace di muoversi, con la bocca impastata di sangue e terra, teneva gli occhi serrati non volendo vedere ciò che pensava stesse accadendo sopra di lui.
    Sentiva rumori di lotta, ruggiti, urla e gemiti, e riconosceva la voce di sua madre e quella di suo padre.
    Lo avevano seguito tenendosi pronti ad intervenire se ce ne fosse stato bisogno.
    Tutto era confuso e Ghughu, adesso, non riusciva più a distinguere i rumori: i colpi giungevano ovattati e fiochi, e lui, sempre con gli occhi chiusi, si abbandonava alla paura. Avrebbe voluto alzarsi, ma non ce la faceva: una spossatezza mai provata lo bloccava al suolo. Quando rinvenne sentiva la brezza della sera sulla pelle, e tutt'intorno un frinire di cicale nascoste dall'erba.
    Si alzò sulle braccia, stropicciò gli occhi come di ritorno da un lungo sonno, li aprì e... Non succedeva niente. Forse stava ancora dormendo.
    No! Era ben sveglio, ma... NON RIUSCIVA A VEDERE!!!! Cos'era accaduto alla sua vista? Perchè non riusciva a vedere nulla??
    -MAMMAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!-

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