Il commento flash di Antonella Monastra (all'interno del post "Sciarra chitarra")rilancia uno dei temi che vedrete e leggerete spesso in questo blog: i bambini diseredati. I picciriddi delle periferie, e non solo, abbandonati e buttati via come vuoti a perdere. Mi piacerebbe che scriveste (pura narrazione, mera fiction) in questo senso.
Non sei solo in questo pensiero...
RispondiEliminahttp://www.corriere.it/cronache/09_dicembre_16/turismo-sessuale_4a9df498-ea8d-11de-8d37-00144f02aabc.shtml
Qualche giorno anche Foà scrivera per te.
Albergheria, Ballarò, Via Castro: lì la pedofilia è stata (forse lo è ancora, non ho notizie in tal senso) qualcosa di estremamente "complicato". Non era, solo, la perversione del vecchio sul bambino: era anche la vendita del figlio da parte del genitore, spesso proprio dalle madri più che dai padri. Quanta miseria c'è nell'anima di chi arriva a tanto? e non la miseria del portafogli. Ma una più straziante che si trasforma in un attimo in cattiveria e crudeltà
RispondiElimina@Giuseppe: Grazie per il tuo intenso flash. Il quadro che illustra si intitola, guarda caso, Il Giocatore dell'Albergheria.
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RispondiEliminaNon l’aveva mai fatto prima. Certo, quando era proprio piccolo piccolo sicuramente sì, ma non se ne ricordava, e lui ricordava tutto. Lo capiva che non gli era mai successo guardando lo sporco della mano che si scioglieva con la lacrima. E ora perché piangeva, Totò, che non ce n’era motivo? Neanche quando prendeva legnate amare come il veleno, neanche quando si faceva molto male. Però non si poteva più fermare, da quando il bambino gli aveva girato le spalle ed era corso verso sua madre. L’aveva persa quando lei era entrata nel negozio di vestiti: lui le aveva lasciato la mano, era corso dietro al gatto e non aveva capito che la mamma non era con lui. Vestito bene era, quel bambino. Piangeva e nella sua mano non si scioglieva lo sporco. Totò lo consolava: “La troviamo a tua madre, lì dietro è andata, l’ho vista. Che ha un vestito rosa?” Il bambino continuava a piangere e faceva di sì con la testa. “Quanti anni hai, compà?”. Il bambino apre una mano bianca. “Quanto me. Ma tu sei piccolo”. Poi la voce della signora, chiarissima nel vicolo, il bimbo dice “Mamma” e corre. Solo ora che hanno girato l’angolo Totò tira solennemente su col naso, volta le spalle e dice a mezza voce: “Mavafantoculu”.
RispondiElimina@Yorick: La tua prosa si affina sempre più: poetica.
RispondiEliminaGrazie Gianni, troppo buono! Tra dipinti incantati e amici in gamba viene davvero voglia di scrivere.
RispondiEliminaQuella che segue è una battuta, per sdrammatizzare... vi avverto prima...
RispondiEliminaSabato pomeriggio.
Totò: Cucì, ti ricu na cosa, siddu u Paliemmu vinci cù Milan... mi mettu a curriri 'a nura strati strati cù palluni 'nte manu.
Domenica sera.
Nino: Totoooooò... accumincia a curririii!!!!
Fozza Paliemmu!!!!
Sempre così succedeva. Gli dicevano di tornare a casa, di smetterla di giocare e di andarsi a lavare... E allora lui lo capiva subito che stava succedendo.
RispondiEliminaSaliva mesto mesto per le scale strette, appoggiandosi al muro guardava le crepe che lo tagliavano, e sognava d'essere una formica, per entrarci dentro e sparire.
Gli "amici", così li chiamavano a casa, arrivavano sempre nel pomeriggio presto, oppure la sera. Passavano dalla cucina, lasciavano i soldi sull'armadietto sotto i piedi della statuetta della madonna, e poi lo chiamavano e se lo portavano in macchina.
Dopo le morse degli abbracci asfissianti e degli umidi appiccicosi ed invadenti gli regalavano sempre qualche caramella. Lui le mangiava subito per togliersi dalla bocca il sapore di quelli. Una volta uno gli regalò un pallone, di cuoio, di quelli buoni.
Fu l'unica cosa che si portò quando decise di andarsene da casa.
@Eluz: Mi era sfuggito il tuo racconto: è bellissimo! Grazie.
RispondiEliminaMavalaaaaaaa (cit. Ghedini) :)
RispondiEliminaGrazie a te: i tuoi quadri sono bellissimi, elevati però ad un grado di superlativo assoluto che ancora non è stato inventato!!!