domenica 20 dicembre 2009
Estate
Questo acrilico su tela di qualche tempo fa si intitola "Estate". Sensi, calore e umidità in un mix arancione. Non poteva essere altrimenti. Mi piacerebbe leggere racconti anche brevissimi (sono ammessi pure quelli di una sola riga) su questo tema. Fa freddo e pioviggina, in questo momento. Che ne dite di riscaldare l'atmosfera? Rimarrei sull'erotico che per me si differenzia dal porno in più di una sfumatura. Faccio un esempio gastronomico. Eros, per me, è la preparazione di una piatto prelibato e anche l'attimo prima della sua degustazione. Porno è la bocca che mastica rumorosamente, spalancata, quel cibo.
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Se ci vivi un amore, una città ti si apre, la senti tua. Era questa la sensazione che accompagnava Giuseppe sull’autobus per Palermo. Stordito da due aperture impreviste: quella alla vita, alla sensualità di un’adolescenza forse tardiva – ma andava benissimo così – grazie ai baci sereni di Lia, al suo seno soffice e teso. Gioia inaspettata che ne richiamava un’altra: quella della città che ti offre tutto, generosa com’è. Capisci che sono per te le luci, i volti e i sorrisi della gente, il pane profumatissimo in vendita per strada. La città lo accoglieva proprio come Lia, nella sua cameretta da universitaria fuorisede. Gli abbracci caldissimi gli facevano capire che aveva vissuto tutta la vita prima di quel momento solo perché ora avesse quei pensieri, o quel vuoto di pensieri. La pelle e le forme di lei gli davano stupore, forza, sudore. Il caldo dell’estate palermitana e della vicinanza dei corpi faceva venire voglia di sciogliersi, di non resistere al sudore e di dimenticarsi di tutto. Voglia che l’abbraccio non si sciogliesse mai per farlo diventare una cosa unica con Lia, con il letto, la cameretta, la città.
RispondiEliminaQuesto piccolissimo laboratorio di scrittura è motivo di grande soddisfazione. Ci speravo, ma non immaginavo.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina@Eluz: Cosa avevi scritto di così compromettente? Attendo il tuo racconto...
RispondiEliminaGli era sempre piaciuta. Da quando aveva quattordici anni aveva iniziato a fare sogni erotici che la ritraevano nelle pose più lascive... Poi finiva l'estate, e finivano pure i sogni: la vicina della casa al mare spariva dal suo immaginario per riapparirvi l'anno successivo.
RispondiEliminaNell'estate dei suoi diciassette anni, forte dell'esperienza conquistata con una compagna di classe, si fece coraggio e decise di avvicinarsi a lei con una scusa. Iniziarono a parlare, ridere, scherzare, e come nei suoi sogni più belli finirono a rotolarsi in quel letto che lui così spesso aveva immaginato abitato da tanti uomini diversi. Si sentì morire quando lei condusse la sua giovane e inesperta mano verso il calore del suo ventre, e sentiva palpabile l'emozione mista alla paura quando quelle labbra tanto sognate, iniziarono a posarsi leggere sul suo corpo tremante di eccitazione. Si ripeteva <>...
<>?????? Era sua madre che lo chiamava.
Si svegliò in un bagno di sudore, eccitato e commosso per quell'ennesimo sogno non concluso.
Nulla!!! Non capisco perchè il virgolettato non viene trascritto!
RispondiEliminava be', provo a mettervelo qui, fra trattini: "Si ripeteva -Aspetta... Aspetta, non adesso, non ancora... Il meglio deve ancora venire...!!!-
RispondiElimina-Niccoloooooooooooooo!!!!!!! Ancora assai ti dobbiamo aspettare>>??????- Era sua madre che lo chiamava.
Si svegliò in un bagno di sudore, eccitato e commosso per quell'ennesimo sogno non concluso.
BU! Forse erano proprio le virgolette a creare corto circuito... Provo a fare un po' d'ordine?
RispondiElimina@Eluz: Molto bello. Lo rimandi con i trattini? Grazie.
RispondiEliminaGli era sempre piaciuta. Da quando aveva quattordici anni aveva iniziato a fare sogni erotici che la ritraevano nelle pose più lascive... Poi finiva l'estate, e finivano pure i sogni: la vicina della casa al mare spariva dal suo immaginario per riapparirvi l'anno successivo.
RispondiEliminaNell'estate dei suoi diciassette anni, forte dell'esperienza conquistata con una compagna di classe, si fece coraggio e decise di avvicinarsi a lei con una scusa. Iniziarono a parlare, ridere, scherzare, e come nei suoi sogni più belli finirono a rotolarsi in quel letto che lui così spesso aveva immaginato abitato da tanti uomini diversi. Si sentì morire quando lei condusse la sua giovane e inesperta mano verso il calore del suo ventre, e sentiva palpabile l'emozione mista alla paura quando quelle labbra tanto sognate, iniziarono a posarsi leggere sul suo corpo tremante di eccitazione. Si ripeteva -Aspetta... Aspetta, non adesso, non ancora... Il meglio deve ancora venire...!!!-
-Niccoloooooooooooooo!!!!!!! Ancora assai ti dobbiamo aspettare>>??????- Era sua madre che lo chiamava.
Si svegliò in un bagno di sudore, eccitato e commosso per quell'ennesimo sogno non concluso.
...Che dite, sono pronta per la collana Harmony...? :-)
RispondiEliminaPerò chiedi compensi adeguati, Eluz! Harmony vende moltissimo!
RispondiEliminaD'accordo... Però mi devo impegnare di più... I romanzi Harmony sono "spintissimi"!!!
RispondiEliminaNo problem, se vuoi esercitarti in questa umile sede...
RispondiEliminaahahah!!!! Certo! Siete i primi a leggere i miei racconti... D'altronde prima non ne avevo mai scritto!!!
RispondiEliminaGrandi cose succedono qui: se siamo i primi a leggere i tuoi racconti, Eluz, o a lasciare che altri leggano i nostri, ci siamo aperti come a nessuno mai. Questa epifania somiglia a un innamoramento?
RispondiEliminaVale anche per un artista? SoleNuvole, Dipingi pensando a chi potrà vedere il tuo quadro, o disegni pensando a chi vedrà la tua vignetta o la tua illustrazione?
RispondiEliminaSe posso esprimere il mio modesto parere, penso dei sì.
Volevo scrivere "penso di sì". Ho la dislessia alle dita.
RispondiEliminaUna vignetta si disegna tenendo conto che ha una sede e dei lettori: ma mi capita anche di ridere di gusto, tanto che mi trema la mano e devo rifarla. In tutta framchezza prima che al lettore penso a me.
RispondiEliminaL'illustrazione è una gara con l'autore del testo: speri di interpretare con segni e colori le suggestioni da lui suggerite, e di superarlo di un millimetro.
La pittura è libertà assoluta e selvaggia. Troppo libera perchè possa essere apprezzata.
Le basole di via Mormino Penna erano umide e scivolose nella chiaria dell’ albeggiare mentre Guglielmo, Memmu per parenti e amici, scendeva verso la “strata nova “; dietro di lui la luce cominciava a incorniciare il colle S. Matteo e la vecchia chiesa diruta sulla sommità.
RispondiEliminaEra tempo di natale e quella notte avevano giocato a poker a casa sua, non era andata male, ma sette ore di poker, anche se fra amici e intercalato da battute, pettegolezzi e una grappaccia forte e fetida imponevano comunque una passeggiata al fresco dopo il caffè preso sottocasa.
Andare a Donnalucata a piedi non era cosa da poco per un pigro come lui, ma quel mattino l’euforia dell’alba, l’appagamento della solitudine, l’aria frizzante, fare una cosa nuova a 16 anni, gli fecero venir voglia di quella camminata.
Una buona mezz’ora ci volle per passare Iungi , poi cominciava la discesa di Genisi e già il mare si intravedeva in lontananza confuso nel sole del mattino dalla plastica delle serre e dal luccichio ormai esiguo degli antichi pantani.
Alle 8 del mattino del giorno della vigilia di Natale non c’erano molte speranze di prendere un passaggio da una macchina in transito, le poche che passavano tiravano dritto non curandosi del cenno poco convinto di Memmu, ma d’un tratto una si fermò – Che ci fai a piedi?- era Maria Concetta e Memmu che da mesi cercava di parlarle la guardò stralunato con le ginocchia un po’ molli, com’era bella diceva fra se, ma era una donna e lui solo un ragazzo, comunque qualcosa, nonostante la semi trance in cui era caduto, bisognava pure rispondere. Lei sorrideva e lui riuscì solo a balbettare – Vado a Donnalucata – dai Sali - disse Maria concetta; salì in macchina, la gonna si era alzata un po’ e si vedeva un pezzetto di coscia sopra il ginocchio inguainata in una calza a rete rossa, Memmu non riusciva a distogliere lo sguardo da quel pezzetto di coscia e intanto si rendeva conto che qualcosa doveva dire; ti voglio, ti desidero, ti amo- avrebbe voluto dirle una di queste cose, ma sapeva già che quelle parole non gli sarebbero mai uscite di bocca, le guardava ancora le cosce e pensò “ come sei bella “, no, non l’aveva pensato, l’aveva detto, Maria Concetta continuò a sorridere e nel mettere la prima per ripartire gli sfiorò il ginocchio, apposta? Perché lo spazio era quello che era e non poteva farne a meno? Questi sono i grandi interrogativi di un adolescente.
Sorrideva ancora, forse poteva sfiorarle la gamba, un tocco leggero, ma la mano sembrava di piombo, non riusciva a muoverla, d’un tratto una grande idea,- sei sporca- e con un dito le sfiorò le labbra – Cos’era? – non so, un segno nero - grazie – le disse e il suo sorriso continuò a incresparle il labbro.
- Eccoci a Donnalucata - o grazie – Memmu ancora sognante scese dall’auto e restò impalato a guardarla, poi l’auto si mosse e lui restò solo.
Post scriptum. Evito di pensare troppo ai destinatari (illustrazione e pittura) altrimenti certe soluzioni azzardate, iconoclastiche, irritanti, etc. possano imbrigliare la mano. Però speri che il "fruitore" sia d'accordo con le tue scelte e le gradisca.
RispondiEliminaIl pensiero di prima si è compresso ed è imploso in una frase involuta. Ripeto: speri che le scelte tue piacciano anche ai fruitori. (Era così facile!)
RispondiElimina@Ssalvatore: Bellissimo. Beh, ora mi tocca fare un omaggio a Donnalucata...
RispondiEliminaYorick, io scriverò per harmony e tu farai il titolista (ma esiste questa parola?) per moccia... Un roseo futuro si apre dinnanzi ai nostri occhi!!!!
RispondiEliminaI racconti scritti qui sono direttamente evocati dalle immagini de Il Sole e Le Nuvole. Però hai ragione: mai avrei pensato di fare leggere a qualcuno le mie parole. Pudicizia un po' infantile superata su un'astronave a forma di blog...
Miracoli della tecnologia!
Torna alla tua terra, vieni da me.
RispondiEliminaCoprimi di baci, riscalda la mia anima.
Prendimi così, nuda, calda e umida di desiderio. In piedi e senza ritegno.
Trafiggi le mie carni, impossessati di me, perchè sono tua più di quanto tu sia mio.
Ti tengo stretto, non ti faccio andar via.
Ma ti prego, stai dentro di me anche quando avrai finito, ti voglio ancora fra la mia carne.
Voglio sentire il tuo essere sciogliersi dentro di me, assorbire ogni singola stilla di linfa vitale.
Adesso dormi, e io ti guardo, assorbo il tuo odore... sei soddisfatto, io non ancora.
Per questo riprendo a farti l'amore mentre ancora tu sogni.
@Tanus: Bella e carnale questa suggestione.
RispondiEliminaEra d'Estate. Come in quella vecchia canzone di Sergio Endrigo, che amavo cantare in silenzio, perchè nessuno potesse sentirmi (ero troppo giovane per essere retrò), la stagione che accolse il mio impeto di libertà fu l'estate del 1990. Anni:23. Autostima: -23. Voglia di vivere: esponenziale. Mi ero inserita nel mondo del lavoro da qualche mese, ed ero stata anche parecchio fortunata. Dopo qualche mese di apprendistato, decisi di scrivere al capo una lettera semiseria: ottenni un aumento di stipendio del 60%. Con la sua voce cavernosa e i modi bruschi, disse che non si era mai divertito tanto, e sperava di non leggere mai più nulla di simile, chè altrimenti sarebbe finito sul lastrico. Mentre a Palermo i miei carcerieri ancora si interrogavano sui reali motivi della mia dissennata decisione di mollarli, io spingevo i miei poveri straccetti dentro un borsone. Seccagrande mi sembrò Polinesia. E Nino fu la mia avventura estiva. La mia amica, quella che decise di portarmi con sè in vacanza, lo aveva detto che me lo avrebbe presentato. Era il maschio più bello del paese, l'amante segretissimo di rispettabilissime signore. Avevo 23 anni, e una conoscenza della sfera affettiva/sessuale nei dintorni dello zero. Uno zitamento serio durato tre anni, uno di nove mesi congedato nel giorno del mio ultimo compleanno, muovendo l'aria al grido: me lo faccio io un regalo, ADDDIIIIOOOO, e due o tre bacetti qua e là. Ora ero libera, libera da qualsiasi catene. Era una estate caldissima, quella di molti anni fa. La mia prima volta, intendo, il mio primo ingresso in una discoteca estiva. Dentro tacchi, vestitino corto e un velo di gloss trasparente, si nascondeva un pesce fuori dal suo habitat naturale. Una tartaruga marina desiderosa di calarsi giù. Mi rivedo mentre apro la borsa e cerco una sigaretta. Mi sento perforata dal suo sguardo. Lui ha la pelle ambrata, i capelli neri, e si dirige sorridendo appena verso di me. Io sono nervosa, mi sento nuda come un verme, e sto lasciando che la sigaretta si fumi da sola. La musica è lontana. Mi porge la mano e si presenta mentre il mondo gira, gira velocemente, e sento la mia amica dirmi: avete fatto a meno di me, e giro, con la musica dance, allora sei Nino, tu sei quel Nino, e... Balliamo. Io non amo ballare, ma va bene lo stesso, e poi beviamo un intruglio, pieno di limone in pezzetti, ghiaccio tritato, vodka...oh...Un pugno nello stomaco. Ho vissuto anni e anni della mia vita inseguendo questa magnifica sensazione, l'ho cercata nel deserto dei sentimenti, nel vuoto di certe scatole craniche, nel baratro di odiose bugie. Lui è stato un grande pugno nello stomaco e una vera avventura. Sulla pelle arrossata dal sole, sulle mille efelidi che tapezzavano il mio corpo. Mi sentivo posseduta e libera di amare. Era un letto singolo che ci permetteva solo di stare uno sull'altro. Fumavamo erba.Ridevamo come pazzi. Ci lasciavamo alle prime luci dell'alba. Ci rincontravamo di nuovo la sera, e di nuovo l'amore. Mi piaceva affondare le dita tra i suoi capelli neri. Un fiume di promesse. Ci rivedremo a Palermo. Piego i teli del mare, chissà se dimentico qualcosa. I trucchi: sono qui. Il pinzettone per i capelli, dov'è? Eccolo, eccolo. Sigarette? Accendino. Sono qua. Il cuore. Cazzo. Il mio giovane cuore. Sto lasciando un frammento del mio cuore da adolescente travestito da giovane vamp tra i boxer di Nino. Passò molto tempo prima di rivederlo. Era d'inverno. Viveva in una casa nei pressi di piazza Indipendenza, con altri studenti universitari. Parlava per frasi fatte e luoghi comuni. Non aveva più quell'aria da indio che mi piaceva tanto, era lui ma non era più lui, e il mio stomaco era leggero:una fame d'amore che non poteva saziarsi.L'amore, dovrei dire il sesso, ma non mi piace, a me piace amore, amare, voglio concedermi l'amore, un'altra volta. Per provare l'effetto che fa.
RispondiEliminaDove stai andando? mi chiede Nino, incredulo, mentre sbocconcella frasi amorose. Io ho già sceso le scale, di fretta, e senza perdere le scarpe.
Grazie Rosipa, molto bello!
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