mercoledì 17 febbraio 2010

L'uomo nero


Questa è la storia dell'uomo nero, o meglio, questa è l'illustrazione della storia che mi piacerebbe scriveste. Estenderei il formato, vista l'irrequietezza di taluni, da quattro a dieci righe (max 10: perché se qualcuno vuol scrivere meno, può farlo serenamente). Mi concedo di nuovo un lusso: l'incipit.

Era stata una partita bellissima. Avevamo vinto 12 a 9. Tutti sudati, felici e spompati. Assetati e senza un milligrammo di forza nelle gambe. Salutai Giampiero. Lui andava dritto e io imboccavo il vialetto alberato. Spuntò improvvisamente. Il cuore si fermò. No, accelerò a mille. Mi sentii morire. E invece di morire cominciai a correre. Era magro, bruttissimo, segaligno, scuro, le sue dita ossute e unghiute erano a un millimetro da me.

15 commenti:

  1. La favola di Cappuccetto Rosso.Il lupo.Quel tizio somigliava al lupo. Sembrava ghignasse,ma forse è solo un ricordo distorto.Lo guardai con paura e ribrezzo.Labbra sottili e scure,viso scavato e affilato,occhi piccoli chiusi in una fessura, un ciuffo untuoso attaccato alla fronte sudata,fuori dalle maniche della giacca spuntavano mani lunghe ed ossute dalle dita gialle nicotina.Erano tese verso di me.Io ero immobile, incapace di fare qualunque cosa.

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  2. Una cosa notai però. Aveva una espressione triste e feroce allo stesso tempo. Fu proprio la sua tristezza che mi mise più paura. Vedevo le sue mani avvicinarsi sempre di più. Le maniche della giacca si sollevavano più in alto ad ogni centimetro di avanzamento, scoprendo degli avanbracci incartapecoriti e tatuati all'inerosimile.

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  3. avambracci...
    inverosimile... pardon

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  4. -Come ti chiami?-sibilò.
    ...
    -Non vuoi dirmelo?
    Ti ho visto giocare, prima. Sei bravo. Vuoi un po' d'acqua? Ne ho una bottiglia in macchina.-
    ...
    -Perchè non parli? Non dirmi che hai paura! Non voglio farti male. Vieni qui vicino...-
    ...Mi attirò a sè afferrandomi per un braccio ed io, rigido come un tronco, provai a fare resistenza, ma non riuscii ad oppormi e in un attimo fui avvolto dall'odore del suo dopobarba

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  5. Aprii la bocca per urlare ma non uscì alcun suono. Il grido mi rimase strozzato dentro al petto. Come in un incubo. L’ombra nera calò su di me e mi avvinghiò. Caddi, rotolai e urlai, urlai, urlai… mentre cercavo di strapparmi di dosso… un vecchio e lacerato impermeabilino da scooter di nailon blu, volato via da chissà dove. Mi guardai attorno. Nessuno per fortuna. Mi rialzai. Il cuore mi batteva forte e tremavo… ma ridevo

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  6. Mi allontanai da quel posto. Era stato un sogno? O quella figura era scomparsa come qualcosa di sovrannaturale? Camminavo a passo spedito però ero inquieto, mi sentivo osservato, seguito, non avevo la forza di girarmi a controllare

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  7. Come ti chiami ? Disse l'uomo davanti a me,non risposi,sentivo la voce di mia madre che mi diceva di non parlare con gli sconosciuti,di non accettare caramelle e di filare dritto a casa ,fu la prima volta che diedi un senso a quelle parole e forse fu proprio questo che mi diede la forza di tirare un ultimo calcio e scappare

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  8. Nuvole, posso dire una cosa? L'incipit non va d'accordo con l'immagine. Secondo me.

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  9. Fara, ma tu lo sai che io amo non essere didascalico, no? E poi tocca a voi andare per la tangente. Faccina che sorride beffarda.

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  10. Post scriptum: E poi, chi dice che l'immagine che illustra in sintesi la storia sia quella dell'incipit? L'uomo nero lo vediamo, ma vediamo anche un ragazzo scout: e mi pare che fin qui, nessuno abbia fatto cenno ad un situazione di questo tipo.

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  11. Correvo più forte che potevo, ignorando il dolore al fianco che stava diventando insopportabile. Quando non riuscii a portare più quel sasso dentro alla pancia decisi di fermarmi. A farmi stare meglio fu la visione di una faccia amica: Peppe, reduce fresco dalla riunione zonale di Clan, ancora con il fazzolettone al collo e il cappellone ben calcato. Con un po' di fiato residuo corsi verso di lui.

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  12. Sole, nuvole e maramaus. La mia piccola storia si basava proprio sul ragazzino, non pensavo all' adulto in primo piano!Ben sistemato e incravattato

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  13. - Scusa, scusa, sono perso, vedi – e mi mostrò qualcosa – non leggo latino, it is an address, please -, mi fermai, ora era illuminato dal lampione, non mi sembrò più così spaventoso, ma era scuro e male in arnese, guardai quello che mi mostrava e vidi che era un biglietto unto, si c’era scritto un indirizzo, via Catania 36, era il mio indirizzo o almeno era quello del palazzo dove abitavo, in centro, cosa doveva andarci a fare, non era posto da poveracci e quello, adesso lo capivo, non era l’uomo nero, ma un poveraccio si, nonostante la cravatta e la giacchetta logora.

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  14. Allora ho gridato un saluto a Peppe che guardava dall'altra parte della strada e gli ho fatto capire che tutto andava bene. Poi, a quell'uomo ho detto che a via Catania gliel'avrei accompagnato io stesso. "Non è lontano, e poi devo andare a casa. Io abito proprio in quel palazzo. Lei cerca qualcuno lì?".

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  15. - Grazie, cerco signora Maria – mi disse nel linguaggio stentato che aveva usato anche prima, ma senza inglese, la voce un po’ roca e il modo di articolare le frasi mi fece pensare a un magrebino che fosse passato da Catania, articolava le parole in modo sincopato, non distendeva le vocali come noi, anzi ne era avaro in contrapposizione alla nostra sovrabbondanza, mi venne da pensare alla stranezza di una lingua che si articola in due modalità fra loro opposte pur restando la stessa, eppure era chiaro che in lui la particolarità veniva dall’abitudine all’arabo che non solo non scrive le vocali, ma le pronuncia appena.

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