domenica 21 febbraio 2010

Dark baby


Da bambina ero una bambina terribile. Una di quelle che le altre femminucce evitano perché temono per le sorti delle loro stupide bambole: ne ho sventrate almeno una dozzina. Ma anche i maschi mi mettevano spesso in un cantuccio. Non sopportavano che sapessi più parolacce di loro...
Raccontate la storia di questa dark lady alternandovi con le solite dieci righe.

8 commenti:

  1. Ma poi, che noia giocare alle bambole con i loro vestitini a fiori e i visini perfetti di porcellana. Molto meglio le barbie con i loro vestiti fashion, i capelli lunghi e le forme al posto giusto! E comunque col mio compagno di giochi -un maschietto ovviamente!- ci divertivamo a impastare fango e acqua per fare pozioni magiche e a rotolarci a terra fino a ridurci sporchi e con i vestiti logori. Alla fine della giornata la mamma mi avrebbe infilata volentieri in lavatrice piuttosto che nella vasca da bagno...

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  2. Bravo SoleNuvole, hai pensato anche a noi donzellette che non giocavamo a calcio!

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  3. Grazie Pirsimona. (Potrebbe esserci un filo rosso che lega la partita dei maschiacci, la bambina terribile e l'uomo nero...)

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  4. Una volta la mamma mi impedì di uscire per una settimana intera.Spinsi un mio compagno e quello andò a cadere giusto giusto su una pietra che gli fece un taglio sulla fronte.Iniziò a strepitare come...Una femminuccia,ecco!E sua madre,quell'altra curtigghiara che stava sempre dietro la finestra aspettando che accadesse qualcosa, si riversò in cortile sbracciandosi ed urlando.Prendendo suo figlio per un braccio,mi assestò uno schiaffo con la mano libera.Sentivo l'orgoglio bruciare al pari della guancia colpita e mi misi a scalciare fin quando la mamma mi trascinò via per i capelli. Non aveva più la forza di sollevarmi in braccio.

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  5. E comunque io non avrei permesso che qualcuno mi sollevasse da terra per farmi camminare sulle sue gambe, fosse anche mia madre. Ho preferito sempre sporcarmi le mani, imparare le cose sperimentandole per conto mio. Toccare terra, fango e pietra, sbucciarmi le ginocchia. Esserci e vedere con i miei occhi e con tutti i miei sensi, senza accontentarmi di una lezioncina recitata a memoria. Le regole? Non mi è mai piaciuto accettarle solo perché si fa così. Se c'è una regola preferisco trovarla io, anche a costo di sanguinare. Se mi costa sangue, so che non la infrangerò mai. Ecco l'esempio di una regola stupida: le bambine non giocano al pallone.

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  6. O se giocano a pallone, lo fanno per avere un punto d'incontro con i maschietti. E' una scusa per farsi ascoltare, per essere al centro dell'attenzione, non per giocare veramente a calcio, bleah!
    Era facile comunque tenere a bada i bambini, così ingenui certe volte. Io andavo nello stesso asilo di Davide e stabilivo modi e tempi in cui lui doveva interagire con gli altri compagnetti: io potevo giocare con chi volevo, mentre lui doveva aspettarMI seduto al banchetto senza parlare con nessuno. Solo quando ritenevo di avere imposto il mio volere per un tempo ragionevolmente breve (!) andavo a dargli il permesso di alzarsi. Ah, Davide, povera vittima di una bambina capricciosa!

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  7. Una volta sola capitò che quelli mi dicessero -Tu non puoi giocare con noi perchè sei femmina-, ma si pentirono subito delle loro parole. Dissi loro che quella era la più grande idiozia mai sentita, mi infilai veloce in quel piccolo campo fatto d'asfalto, pietre e sabbia, rubai il pallone nello stupore generale e lo trafissi con una delle punte del cancelletto. Ci mise poco a sgonfiarsi. Quelli mi guardavano a bocca aperta mentre io giravo i tacchi e me ne andavo. Non mi negarono più una partita, però a volte, quando vedevano che stavo per avvicinarmi, se ne andavano a giocare da un'altra parte.

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  8. Quella sera, ad esempio, giocavo con loro. Era stata una partita combattuta fino all'ultimo, perfino violenta. Ad esempio, mentre perdevamo 8 a 7, Gigi fu sgambettato con cattiveria e finì a terra cadendo di faccia: si rialzò sputando sangue. Anch'io ho avuto la mia dose di calci nelle caviglie, ma ho reagito come se avessi il doppio dei miei anni. Sono sicura che già dall'ora della partita Benedetto, Giampiero, Enzo e Gigi abbiano imparato a fidarsi di me. Quello che è accaduto dopo li ha convinti a considerarmi per sempre una di loro.

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