venerdì 14 maggio 2010

Le recensioni emotive: Invictus


di Daniela Vaccaro


Proprio in questi giorni sto cercando di far leggere ai miei alunni un brano su Nelson Mandela. Un brano da libro delle scuole medie, che sintetizza in poche righe una vita fatta di 92 lunghi anni di lotte. Alcuni di loro si sono appassionati al racconto della storia di quest'uomo che per 27 anni è stato in galera e che poi, già anziano ma non domo, ha vinto il Nobel per la Pace ed è diventato presidente del suo Paese. Quello stesso paese che, per 27 anni, lo aveva tenuto su un'isola, condannato all'ergastolo e ai lavori forzati.
Invictus di Clint Eastwood narra la storia di Nelson Mandela, ma lo fa scegliendo un'angolazione speciale, un frammento rappresentativo: racconta infatti la storia vera del trionfo della nazionale di rugby ai Mondiali del '95. E tutto quello che sta dietro e davanti a questo trionfo.
Nelson Mandela non è il nome di Nelson Mandela. Questo nome glielo diedero i bianchi, a scuola. Allo stesso modo, il rugby, in Sudafrica, era lo sport dei bianchi e il verde-oro della squadra era il simbolo dell'apartheid. Eastwood racconta l'intuizione di Mandela, che capisce che - per unire un paese - è necessario rileggere i suoi simboli e saperli reinterpretare. Così, il rugby
diviene metafora di qualcos'altro - di più nobile, più grande, più complesso.
Diviene metafora della difficile eppure possibile riconciliazione tra le due
anime di un paese diviso.
Il film è appassionante, narrativamente efficace e immediato, come lo sport sa
essere. A Eastwood è riuscito il secondo miracolo sulla sottoscritta: mi aveva
già fatto vedere un film sul pugilato, adesso uno sul rugby. Il fatto è che il pugilato, la macchina sportiva, il rugby sono per Eastwood solo espedienti per raccontare gli uomini. E le circostanze che li rendono unici, ché la parola eroi mi fa venire l'orticaria. In Invictus, Mandela incontra il giovane capitano afrikaneer della squadra di rugby, ne vince la diffidenza e ne fa il suo alleato migliore: insieme costruiranno il Sudafrica.
Bisognerebbe farlo vedere, ai ragazzi. E magari anche a qualche nostro
giocatore nostrano, che ha il calcio o la provocazione facile. Chissà che non
possa imparare che lo sport dovrebbe unire e non dividere. Ma questa è un'altra storia. E con Nelson Mandela non c'entra proprio niente.

Torna a trovarci, in veste di critica cinematografica emozionata, Daniela. Che inaugura una nuova rubrica.

4 commenti:

  1. E' sempre piacevole leggere le note di Daniela: si impara tanto.

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  2. Spero che gli interventi di Dani siano più frquenti.

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  3. Come avevo già scritto in altra sede, Dani, Clint Eastwood ha dimostrato con la sua strepitosa carriera di essere un genio cinematografico. Il suo è stato un crescendo e credo che molto debba a due grandi del cinema di cui ha assorbito praticamente il meglio: Sergio Leone e Don Siegel. Del primo conosciamo tutto, l'epica e il mito, del secondo basta ricordare due o tre titoli, Fuga da Alcatraz , La notte brava del soltato Jonathan, L'invasione degli ultracorpi...I primi due interpretati proprio da Eastwood

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  4. A tutti gli amici che frequentano con una certa regolarità le sale cinematografiche: scrivete la vostra recensione. Vediamo cosa succede.

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