Dopo un po’ si sedette a fianco della strada e, non ci crederete, tutto era bagnato, pioveva ancora, ma lui accese un fuoco e arrostì della carne, del resto tutto è possibile per uno che se ne va in giro sotto la pioggia per una sera intera senza neanche un ombrello, e ha i vestiti asciutti, quanto alla carne, un altro mistero, forse un pipistrello notturno col sonar in avaria, sta di fatto che il professore e il cagnolino mangiano un po’ di carne e poi si coccolano a vicenda, intanto le auto sulla strada sono aumentate di numero, ma questa volta il professore non prova neanche a fermarle, torna verso il parco e, ormai rifocillato, si stira e sbadiglia, mentre dietro di lui un fulmine globulare, di quelli che gli scienziati dicono venir scambiati per UFO, ma che tutti gli altri non hanno mai visto, si abbatte sugli alberi del parco. Una luce intensissima si diffonde, ma nulla, come il cespuglio di Mosé, brucia e si consuma. – Vuoi vedere che è il famoso gancio?- Pensa Wu – questa notte accadono cose incredibili – del resto se un quark può comparire prima di essere creato, l’incredibile è veramente un concetto molto relativo. Anche Franco, nel caldo ed asciutto della sua casa, riflette sull’incredibile, il suo taccuino è aperto a una pagina bianca – Il professore si è fatto vedere da me per lasciarmi una traccia, ma quella musica aveva uno strano effetto, per un momento ho avuto la sensazione che distorcesse la realtà- questo pensa, mentre, dall’altra parte del parco e dall’alto, il professor Wu e il suo cagnetto guardano la città.
Quella pioggia era strana. Sempre uguale, fitta e sottile. Portava brutti pensieri. O piuttosto portava al ricordo ma i ricordi non sono mai belli. Anche il ricordo di momenti felici è accompagnato da un sottile dispiacere, dalla nostalgia. Sappiamo di non poterli più rivivere, abbiamo la coscienza di averli persi per sempre. Il dolore invece si rivive per intero ogni volta che torna alla mente. E quella pioggia aveva questo strano effetto: evocava i ricordi.
Anche Anibal subiva il fascino di quella strana pioggia, camminava senza meta con accanto il suo cane bianco, avevano perfino mangiato sotto la pioggia, erano scampati ad un fulmine solitario, avevano attraversato parchi, giardini e strade allagate straripanti di macchine in fuga. Senza neanche rendersene conto Anibal e Cane Bianco erano arrivati sulla collina che dominava la città. Anibal , un tempo, aveva scelto la vita del vagabondo proprio per non ricordare ma quella pioggia che scendeva fitta e sottile e penetrava gli uomini come Zeus Danae, lo riportò indietro nel tempo e i ricordi cominciarono a emergere dal profondo del suo cervello.
Quasi nello stesso momento Jean , chiuso nel suo studio, pensava ad Anibal, di come lo aveva conosciuto in una notte di pioggia. Si rese conto che in realtà non sapeva niente di lui. La pagina del diario rimase bianca
Bianco era diventato il compagno di viaggio ideale di Luca. Condivideva con lui l’incapacità di vedere oltre il presente e gli avrebbe insegnato – il cane all’uomo – a dimenticare il passato. Cane e uomo attraversavano strade popolate da macchine frettolose dirette chissà dove. Scampavano insieme ai pericoli, cane e uomo. Come quando un fulmine distrusse l’unico luogo in cui si erano accampati per trovare riparo. No, non si può progettare nulla per un futuro più lungo di una notte, penso io nella mia stanza a bagnomaria, davanti al taccuino e a un caffè. Provo, nel rileggere le storie che sto raccogliendo, la stessa emozione di Bianco e Luca nel guardare dall’alto una città. Ti sembra di poter dominare tutto il mondo. Per fortuna è solo un’impressione, che ha un futuro non più lungo di una notte.
Dopo un po’ si sedette a fianco della strada e, non ci crederete, tutto era bagnato, pioveva ancora, ma lui accese un fuoco e arrostì della carne, del resto tutto è possibile per uno che se ne va in giro sotto la pioggia per una sera intera senza neanche un ombrello, e ha i vestiti asciutti, quanto alla carne, un altro mistero, forse un pipistrello notturno col sonar in avaria, sta di fatto che il professore e il cagnolino mangiano un po’ di carne e poi si coccolano a vicenda, intanto le auto sulla strada sono aumentate di numero, ma questa volta il professore non prova neanche a fermarle, torna verso il parco e, ormai rifocillato, si stira e sbadiglia, mentre dietro di lui un fulmine globulare, di quelli che gli scienziati dicono venir scambiati per UFO, ma che tutti gli altri non hanno mai visto, si abbatte sugli alberi del parco. Una luce intensissima si diffonde, ma nulla, come il cespuglio di Mosé, brucia e si consuma. – Vuoi vedere che è il famoso gancio?- Pensa Wu – questa notte accadono cose incredibili – del resto se un quark può comparire prima di essere creato, l’incredibile è veramente un concetto molto relativo.
RispondiEliminaAnche Franco, nel caldo ed asciutto della sua casa, riflette sull’incredibile, il suo taccuino è aperto a una pagina bianca – Il professore si è fatto vedere da me per lasciarmi una traccia, ma quella musica aveva uno strano effetto, per un momento ho avuto la sensazione che distorcesse la realtà- questo pensa, mentre, dall’altra parte del parco e dall’alto, il professor Wu e il suo cagnetto guardano la città.
Ho scoperto il tuo blog solo ora,
RispondiEliminama seguirò con interesse questo tuo
"Diario della Pioggia".
Gran bel titolo, tra l'altro.
Grazie Luigi, faccio subito un salto nel tuo blog!
RispondiEliminaTav 34-37
RispondiEliminaQuella pioggia era strana. Sempre uguale, fitta e sottile. Portava brutti pensieri.
O piuttosto portava al ricordo ma i ricordi non sono mai belli. Anche il ricordo di momenti felici è accompagnato da un sottile dispiacere, dalla nostalgia. Sappiamo di non poterli più rivivere, abbiamo la coscienza di averli persi per sempre. Il dolore invece si rivive per intero ogni volta che torna alla mente.
E quella pioggia aveva questo strano effetto: evocava i ricordi.
Anche Anibal subiva il fascino di quella strana pioggia, camminava senza meta con accanto il suo cane bianco, avevano perfino mangiato sotto la pioggia, erano scampati ad un fulmine solitario, avevano attraversato parchi, giardini e strade allagate straripanti di macchine in fuga. Senza neanche rendersene conto Anibal e Cane Bianco erano arrivati sulla collina che dominava la città. Anibal , un tempo, aveva scelto la vita del vagabondo proprio per non ricordare ma quella pioggia che scendeva fitta e sottile e penetrava gli uomini come Zeus Danae, lo riportò indietro nel tempo e i ricordi cominciarono a emergere dal profondo del suo cervello.
Quasi nello stesso momento Jean , chiuso nel suo studio, pensava ad Anibal, di come lo aveva conosciuto in una notte di pioggia. Si rese conto che in realtà non sapeva niente di lui. La pagina del diario rimase bianca
Bianco era diventato il compagno di viaggio ideale di Luca. Condivideva con lui l’incapacità di vedere oltre il presente e gli avrebbe insegnato – il cane all’uomo – a dimenticare il passato. Cane e uomo attraversavano strade popolate da macchine frettolose dirette chissà dove. Scampavano insieme ai pericoli, cane e uomo. Come quando un fulmine distrusse l’unico luogo in cui si erano accampati per trovare riparo. No, non si può progettare nulla per un futuro più lungo di una notte, penso io nella mia stanza a bagnomaria, davanti al taccuino e a un caffè. Provo, nel rileggere le storie che sto raccogliendo, la stessa emozione di Bianco e Luca nel guardare dall’alto una città. Ti sembra di poter dominare tutto il mondo. Per fortuna è solo un’impressione, che ha un futuro non più lungo di una notte.
RispondiElimina