Una birra al solito bar, sotto gli archi, un saluto accennato a qualche faccia appena conosciuta di qualcuno dei pochi avventori, una strizzata d’occhio al barman con la faccia triste, nessun profondo problema esistenziale, era solo mal di piedi,l'aveva confessato lui con un sospiro, ma poi non era un grave problema esistenziale il mal di piedi per uno costretto a guadagnarsi da vivere stando dietro un banco per almeno 12 ore al giorno. Un amore tradito o incompreso, una passione qualsiasi sembrerebbero più nobili, ma più risolvibili, il mal di piedi invece resta se non si cambia lavoro e di questi tempi. La noia resta, tanto vale tornare a casa. Dieci minuti dopo Franco era ancora dietro la finestra , la pioggia sembrava diminuita,si vedevano i passanti sotto gli archi, aveva controllato il computer , ancora niente posta.
Jean chiuse il taccuino e d’improvviso sentì lo scroscio della pioggia battente. Si avvicinò alla finestra, la gente infreddolita e umida sotto gli ombrelli, si affrettava sotto l’acqua. Ritornò al tavolo, digitò qualcosa al computer e tornò pensoso alla finestra.
Pioggia sul vetro, che insiste con il suo rumore battente. Il suono si fonde con quello della tastiera, come se dalle dita grandinassero frettolosamemente i pensieri. Pozze di acqua e chicchi di ghiaccio che il computer non assorbe e sottolinea con una linea rossa a zigzag. "Errori dei pensieri o delle dita?", pensa per un attimo Giorgio mentre continua a ticchettare sulla tastiera come la pioggia sul vetro e sugli ombrelli della gente che passa in fretta sotto le sue finestre, unendo al metronomo di dita, pioggia e grandine, anche quello dei tacchi sul marciapiede.
Ogni tanto Giacomo si alzava dalla sedia per sgranchirsi un po', si avvicinava alla finestra e rimaneva quasi ipnotizzato: si soffermava a guardare le singole gocce cadute sul vetro... una goccia piccola e leggera che, trascinata dalla gravità, scorre lungo la finestra e nel suo cammino si unisce ad un'altra goccia e poi ad un'altra, formandone una più grande e pesante che precipita inesorabilmente verso il basso. Sarebbe potuto rimanere così per ore, a guardare la pioggia e a sentire il sibilo del vento farsi sempre più forte.
Una birra al solito bar, sotto gli archi, un saluto accennato a qualche faccia appena conosciuta di qualcuno dei pochi avventori, una strizzata d’occhio al barman con la faccia triste, nessun profondo problema esistenziale, era solo mal di piedi,l'aveva confessato lui con un sospiro, ma poi non era un grave problema esistenziale il mal di piedi per uno costretto a guadagnarsi da vivere stando dietro un banco per almeno 12 ore al giorno. Un amore tradito o incompreso, una passione qualsiasi sembrerebbero più nobili, ma più risolvibili, il mal di piedi invece resta se non si cambia lavoro e di questi tempi.
RispondiEliminaLa noia resta, tanto vale tornare a casa. Dieci minuti dopo Franco era ancora dietro la finestra , la pioggia sembrava diminuita,si vedevano i passanti sotto gli archi, aveva controllato il computer , ancora niente posta.
Jean chiuse il taccuino e d’improvviso sentì lo scroscio della pioggia battente.
RispondiEliminaSi avvicinò alla finestra, la gente infreddolita e umida sotto gli ombrelli, si affrettava sotto l’acqua.
Ritornò al tavolo, digitò qualcosa al computer e tornò pensoso alla finestra.
Non so se è una questione tecnica di blogspot. Vedo che i commenti sono 2 ma se ne legge solo uno...
RispondiEliminaOk, tutto risolto.
RispondiEliminaIl rumore secco e violento di un tuono mi distolse dai pensieri e dalla scrittura.
RispondiEliminaMi alzai e tornai alla finestra a scrutare il tran tran quotidiano
Pioggia sul vetro, che insiste con il suo rumore battente. Il suono si fonde con quello della tastiera, come se dalle dita grandinassero frettolosamemente i pensieri. Pozze di acqua e chicchi di ghiaccio che il computer non assorbe e sottolinea con una linea rossa a zigzag. "Errori dei pensieri o delle dita?", pensa per un attimo Giorgio mentre continua a ticchettare sulla tastiera come la pioggia sul vetro e sugli ombrelli della gente che passa in fretta sotto le sue finestre, unendo al metronomo di dita, pioggia e grandine, anche quello dei tacchi sul marciapiede.
RispondiElimina"frettolosamente", con una "me" sola. Scriscritto troppo frefrettolosamemente...
RispondiEliminaOgni tanto Giacomo si alzava dalla sedia per sgranchirsi un po', si avvicinava alla finestra e rimaneva quasi ipnotizzato: si soffermava a guardare le singole gocce cadute sul vetro... una goccia piccola e leggera che, trascinata dalla gravità, scorre lungo la finestra e nel suo cammino si unisce ad un'altra goccia e poi ad un'altra, formandone una più grande e pesante che precipita inesorabilmente verso il basso. Sarebbe potuto rimanere così per ore, a guardare la pioggia e a sentire il sibilo del vento farsi sempre più forte.
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