giovedì 13 maggio 2010

Diario della pioggia - 6, 7, 8, 9, 10






Un intero capitolo, il secondo. In cui accadono cose con nuovi personaggi enigmatici sotto una pioggia implacabile e misteriosa.
Tavole: Sei, Sette, Otto, Nove, Dieci

11 commenti:

  1. Per costruire questa storia ci vuole parecchio, intanto si potrebbe continuare così:
    La mattina dopo la pioggia era finita, ma il cielo restava coperto, tutto lasciava presagire che presto avrebbe ricominciato. Di nuovo al lavoro, taccuino degli appunti e ascoltiamo.
    -Sembra un impiegato delle poste- pensa Franco mentre ascolta il dott. Platania, sono nella sala interrogatori per stare tranquilli, ma parlano lo stesso a bassa voce – insomma su questo dott. Wu, si sa solo che è un eminente antropologo, hai letto qualcosa?- Dice Platania – be si, mi è sembrato interessante, soprattutto la storia dei memi, dei ganci e delle gru, in sostanza cerca di spiegare in chiave darwinista la storia dell’evoluzione culturale, ma questo non mi sembra un reato.-, - no, non lo è, ma in molti lo considerano un’offesa per l’umanità, ad esempio, per la chiesa il darwinismo va bene a condizione che si lasci un gancio al cielo, anche soltanto al tempo del primo organismo cellulare. Se il dott. Wu riesce a trovare una gru, al posto di quel gancio, crolla tutta l’impalcatura, l’uomo diventa soltanto il risultato casuale e non necessario delle spontanee crisi della materia, spinta da una sola forza, quella del degrado dell’energia e in definitiva dell’entropia, dentro la quale la piccolissima parentesi dell’umanità è assolutamente trascurabile. Tutto sommato penso che gente come Wu farebbe meglio a lasciare all’umanità le sue illusioni, un gancio qualsiasi basta a conservare il nostro, assolutamente in giustificato orgoglio. Comunque questa è filosofia, il fatto è che quelle intercettazioni fanno pensare che è in pericolo.
    Ricapitoliamo:

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  2. tavola 6

    Il tabaccaio gli aveva chiesto notizie di Philippe, il fratello. Un ex professore di filosofie orientali che si era cacciato in un brutto guaio.
    Jean, aveva promesso che si sarebbe interessato del caso. Che avrebbe fatto qualche indagine .
    mentre camminava sotto la pioggia cominciò a ripassare il suo primo colloquio con il professor Merlot, detenuto in attesa di giudizio.

    Tavola 7

    Merlot gli aveva parlato di come aveva conosciuto Jang lee, uno strano individuo di origine orientale , che aveva cominciato a frequentare per soddisfare alcune sue curiosità. Merlot era un orientalista ma dell’oriente conosceva solo quel che aveva visto con il viaggio della Francoverde. L’aver conosciuto un tipo come Jang Lee gli era sembrato un colpo di fortuna. L’uomo era colto, elegante e molto sicuro di se.
    Merlot si era fatto convinto che fosse un operatore di borsa...un finanziere. A scadenza periodica, infatti, un gruppetto di uomini, sempre gli stessi, si riunivano nell’appartamento di Lee e festeggiavano i ricavi dei loro investimenti. Almeno così credeva Merlot

    tavola 8
    -Ho ricordi confusi , disse Merlot- ma ricordo che una sera arrivò anche una donna. Bella donna!!
    -Poi sentii urlare . C’era un uomo, che non avevo mai visto prima, che altercava con Lee in una lingua che non conoscevo… e dopo un po’ un colpo di pistola rimbombò nella casa. Cautamente mi avvicinai alla stanza e vidi un biondone che puliva una pistola.

    tavola 9
    -Quella stessa sera Lee riunì nel salone gli amici e coinvolse anche me
    -Ormai fai parte della famiglia, Philippe. E’ ora che anche tu partecipi attivamente.
    - Non avevo capito niente di tutti quegli schemi alla lavagna. Ricordo solo che dopo un po’ uscimmo tutti insieme.
    Pioveva. Proprio come ora. Una pioggia fitta e insistente che a volte toglieva il respiro.

    tavola 10
    -Chi è il biondo? –chiese Jean
    -Non lo so, non ricordo. So che era arrivato quella mattina e che aveva avuto una discussione con Lee.

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  3. ps

    Non ho la più pallida idea del ginepraio in cui mi sto cacciando!

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  4. Si, ma non è giusto! Io ho pubblicato i primi due capitoli e sto scrivendo il terzo, ma perchè ho l'impressione di essere un pò indietro??!

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  5. Pirsi, ho la vaga sensazione che il padrone di casa si diverta tantissimo a vederci annaspare, proprio come facciamo noi.
    Dai, è un bel gioco. Finché dura. Magari poi arriva un OT o ancor peggio un "hot" e ci "sconza u jocu"

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  6. Riemergo da qualche giorno "intenso"; per riprendermi comincio a leggere i vostri racconti e poi annaspo anch'io! Però a prima vista mi pare che non annaspate per niente: andate come treni giapponesi, bravi! Vero Fara, è proprio un bel gioco. Sembriamo la brigata che racconta il Decameron.

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  7. Appunto, non vedo nessuno fare "gasp": tutti in palla. Il mio divertimento si nutre del vostro, altrimenti finisce presto per farsi stucchevole.

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  8. -Il dott. Wu arriva a Milano circa 15 giorni fa da Pittsburgh, assieme a lui arriva una informativa della F B I che ci informa di un complotto creazionista per ucciderlo raccomandandone la protezione, ci mandano un mazzo di carte da gioco strane, sono comparse, dicono, ad Albany, sono una specie di tarocchi in cui l’impiccato è il dott.Wu e il bagatto è Darwin, gli altri personaggi sono darwinisti e creazionisti, questi ultimi rappresentati nelle carte fortunate, alcuni darwinisti sono italiani. Queste carte le abbiamo studiate, ma alla fine, al di là del fatto che l’impiccato risultava essere l’unica carta disegnata in modo diverso dall’iconografia dei tarocchi; lì è appeso per un piede, qui è rappresentato come un impiccato vero, per il resto, al di là di una certa inquietudine le carte non ci hanno detto nulla. L’FBI ci avvertiva pure dell’arrivo di un fanatico creazionista, sospettato di essere implicato in vari attentati negli USA.
    Abbiamo messo il dott.Wu sotto scorta, ma in albergo, il creazionista, questo mister Scott di cui ci aveva parlato l’FBI, riesce a raggiungerlo, lo ingiuria e gli butta in faccia un mazzo di carte come quello che ci avevano mandato dagli USA. Lo fermiamo, ma non abbiamo niente contro di lui, dobbiamo rilasciarlo, il giorno dopo mister Scott, ha un alterco con un altro americano, un certo mister Brown, il cui nome puzza di falso lontano un miglio, ma i suoi documenti sembrano a posto. Scott gli spara e lo ferisce, arrestiamo Scott ancora con la pistola calda in mano. Il dott. Wu continua le sue conferenze e sviluppa in queste le sue tesi. In particolare sull’evoluzione del cervello umano e sulla nascita del linguaggio, che sarebbe collegato alla particolare conformazione del cervello stesso derivante da una mutazione favorevole, nessun gancio, ancora una volta una gru.
    Mister Brown non denuncia Scott e ancora una volta siamo costretti a rilasciarlo, ma lo sorvegliamo e scopriamo che si incontra col dott. Wu e non sembrano affatto dei nemici. A, dimenticavo c’è anche quella deliziosa donnina, miss Bina Tarkoski di nazionalità israeliana, si incontra spesso col dott. Wu e abita nello stesso albergo, non so perché, ma mi puzza di Mossad come Brown mi puzza di CIA.
    Per il momento è tutto quello che sappiamo e non ci si capisce niente

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  9. Salvatore, che intrighi! E che fantasia, bravo!
    Fara, bello anche il tuo racconto, adesso aspetto gli sviluppi

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  10. Raccontare è sempre necessario, specialmente durante questa pioggia che non smette mai, come se fosse un nuovo diluvio o un nuovo battesimo. Un altro uomo ha deciso di raccontare tutto: Li Causi, il ragioniere. Giorgio lo lascia fare senza interrompere mai. Si limita a prendere appunti. Raccoglie parole come i due secchi che ha lasciato a casa raccolgono gocce.
    Il cervello di tutto era Chen, il cinese, l’uomo del tempo. Sempre di corsa, sempre a controllare il suo orologio da taschino. Le cose andavano bene: il meccanismo era perfetto. I soldi che stampavamo sembravano veri.
    La baronessa era il nostro tramite. Piazzava i soldi e ci guadagnava. Unico neo: Chen ci trattava da schiavi, e a qualcuno questa cosa cominciava a dare fastidio. Mendolia, ad esempio, voleva comandare lui. Figurati se ci stava a stare sotto il cinese. Faceva finta di stare al suo posto, ma intanto faceva il vuoto intorno a Chen. Levò di mezzo Mistretta, braccio destro del capo.
    Io ero l’unico a sapere che Mendolia faceva il doppiogioco. Tremavo dentro, perché Chen si fidava di me. Per fortuna durò poco, perché Mendolia si fece beccare per una faccenda di droga, che non c’entrava niente con noi. L’organizzazione non si preoccupò troppo per lui: avevamo troppe cose da pensare. Fu mentre preparavamo la cosa che cominciò a piovere.
    Giorgio continua a raccogliere parole. Proprio come i secchi, che a quest’ora saranno pieni. E Li Causi continua a far sciogliere le nuvole che ha dentro. «Mendolia non stette a lungo in carcere. Quando uscì prese la corriera e andò a trovare Chen. Il cinese non si fidava di lui: era freddo come il marmo. Si muoveva solo il fumo della sua sigaretta».

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