giovedì 20 maggio 2010

Diario della pioggia - 29, 30



Tavole: Ventinove, Trenta.
(A grande richiesta...)

3 commenti:

  1. In casa riprese gli appunti, si, era stato il mese scorso, l’aveva incontrato sotto gli archi, era una specie di barbone con un cane, se ne vedono tanti in giro, il cagnetto era un bastardino, ma somigliava a un bracchetto, uno Snoopy senza macchie. lui suonava un flauto e ne ricavava una melodia lenta, quasi ipnotica, di quelle che non impressionano i passanti, solo quelli che si fermano ad ascoltare, di quelle melodie slegate dalle mode, che quando ti entrano in testa ti fanno risuonare l’anima e non sapresti dire se ti piacciono o ti danno fastidio, ma ti fermi ad ascoltare. Quando ebbe finito lo guardò, somigliava in modo stupefacente al prof. Wu, ma allora non lo sapeva ancora, Franco gli allungò una banconota, ma non la volle,- per oggi ho quel che mi serve- gli disse.
    Franco andò al bar e comprò una bottiglia di vino, la fece stappare e tornò fuori - è per te -, ne fece versare un po’ nella ciotola del cane e il bracchetto lappò tutto coscienziosamente; il barbone accettò solo una sigaretta, fumarono insieme in silenzio mentre il cane, da buon cane , faceva festa.

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  2. Le storie si tessono insieme quando meno te l'aspetti, come le linee invisibili lasciate dalle gocce di pioggia. Anche quella di Luca si intreccia alle altre storie che conosco. Lo incontrai un paio di volte per strada, non lontano dalla stazione. Trovava riparo in un porticato cadente. Strappava note a un flauto: a volte con rabbia, altre volte con un'agilità leggera che strideva con la pesantezza della pioggia. Quella mattina le note facevano slalom spericolati tra le gocce. Quasi quasi mi dispiacque fermarle, ma volevo offrire un po’ di acqua pulita al cane e una sigaretta a Luca. Non soldi, una sigaretta da fumare insieme. Una sigaretta in cambio di parole intrecciate in forma di storia. Fuori la pioggia cancellava i bersagli che avevamo mancato, i traguardi che non avevamo raggiunto. Gli sbagli di mira, gli sprechi di tempo. E di tempo non ne rimaneva molto, allora.

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  3. Tav 29-30

    Di nuovo a casa. Di nuovo solo e sempre quell’acqua che scendeva fitta. Gli tornò in mente Anibal.
    Chissà dov’era con quella pioggia! Lo aveva incontrato per la prima volta in una notte di pioggia. Una notte fredda e umida come questa. Si era rifugiato sotto gli archi di un vecchio acquedotto e addentrandosi sotto gli archi cominciò a sentire tra lo scroscio della pioggia il suono di un flauto. Un ragazzo alto e sottile come un giunco, dalla faccia triste e delicata stava suonando. Sembrava non accorgersi della pioggia e del freddo. Nemmeno di lui sembrava accorgersi ma il suo cane bianco sì. Gli abbaiò festoso, quasi un invito. Fu così che lui e Anibal fecero amicizia.
    Chissà dov’era!

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