martedì 18 maggio 2010

Diario della pioggia - 24, 25, 26, 27, 28






Tavole: 24, 25, 26, 27, 28.
Si chiude il quarto capitolo di questa complessa e uggiosa graphic novel. Tre capitoli restano nel cassetto e non so se prenderanno aria in tempi rapidi. Cinque restano da disegnare (ma non è assolutamente detto che Diario della pioggia non resti un'opera incompiuta). La situazione è ingarbugliata: dunque eccellente.

12 commenti:

  1. Peccato! Chiude la graphic novel.
    io avevo messo su un traffico di donne e di armi ma se la chiudi ... non serve più. Non solo di droga perché la droga serve solo a finanziare.
    Peccato! mi ero imbarcata, in senso quasi letterale visto l'allagamento!
    Sarà per la prossima volta

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  2. Fara, dunque l'ingarbugliamento, il guazzabuglio ti piace? Beh, vedremo... Anche Salvatore mi pare preso dal brogliaccio...
    la decisione del "ritiro" è perché vorrei evitare di "uggiare" gli altri numerosi frequentatori. Mi sono parsi, come dire?, perplessi. Boh.

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  3. Temi di "uggiare" i frequentatori? Ma perché dobbiamo preoccuparci di coloro che frequentano solo per curiosità, dei frequentatori silenti?
    Bene o male molti di noi abbiamo risposto e abbiamo giocato e ci siamo divertiti. Ti interessano i frequentatori silenti o quelli attivi?

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  4. ps
    io non sono brava e magari, spesso se non sempre, scrivo cazzate , ma questo blog è una palestra e dovrebbe avere amici giovani solo che i giovani non ci sono. Non li vedo. E quei rari giovani che intervengono sono truccati da vecchi- ma non da vecchi normali, ma da vecchi restaurati come suggerisce l'esprit di stato

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  5. Fara, sottoscrivo in pieno il tuo pensiero!
    Ma perchè non scrivi lo stesso gli intrighi di donne e armi? D'altronde non è che ci si deve attenere necessariamente ai disegni... E poi magari dopo avere letto i tuoi intrighi, il padrone di casa potrebbe decidere di disegnare le ultime tavole incompiute!

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  6. Fara, ma noi siamo (sottolineato, grassetto, corsivo, lampeggiante e versicolore) giovani. D'accordo con Pirsimona, posta l'intrigo che hai escogitato: certamente nascerà qualcosa di inaspettato.

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  7. Giacomino mi racconta la storia di Totò, mezzo scimunito ma incapace di fare male. Era amico di tutti, faceva praticamente parte dell’arredamento del bar. Ogni sera c’era una bicchierata tra i clienti abituali, che allontanavano il pensiero della pioggia riempiendosi di vino. Finiva che Totò, alla chiusura del bar, non si reggeva sulle gambe e lo dovevano portare a casa a forza di braccia. Ma la sera della grande ondata fu travolto e non riuscirono a riprenderlo dall’acqua. Anzi, uno del quartiere che si era avvicinato con la barca, finì nel fondo insieme a lui. Due ragazzi su un gommone furono allontanati e sparirono chissà dove. Tutti, proprio tutti, siamo alla deriva, conclude Giacomino. Il Nagra registra solo bicchieri che si riempiono, si svuotano e si posano sul tavolo. Boccate di fumo e silenzio. In attesa della nuova grande ondata.

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  8. Insistiamo, insistiamo... Però magari per singole scene: tanto abbiamo tempo.

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  9. Franco notava che la gente di fronte al totale cambiamento del proprio habitat reagiva in modo abbastanza razionale, tendeva a salire verso la collina e pur preoccupata per le proprie cose e i propri affari tendeva a raggrupparsi in attesa dell’inizio del deflusso, era come se si comportasse secondo un codice omogeneo, ecco era un meme vantaggioso, l’umanità aveva codificato un comportamento e lo seguiva.
    Il bar da Amilcare, ancora aperto cominciò a riempirsi di avventori che avevano intenzione di tirare mattina, un bicchiere di Chianti, un caffè una birra e i discorsi sul come e sul perché, così passava il tempo; verso mattina portarono un ometto, lo avevano trovato in un fosso pieno d’acqua, era ubriaco, ma il freddo e l’umido l’avevano fatto un po’ riprendere e quindi aveva intenzione di ritornare alla precedente beatitudine il più in fretta possibile.
    Amilcare gli versava da bere e lui cominciò a raccontare la sua avventura, era scivolato in mezzo all’acqua ed era finito nel fiume, in due ci si erano messi per tirarlo su, ma proprio quando l’avevano preso era scivolato di nuovo, finito sott’acqua si era guardato intorno e tutto era buio, poi una mano, da una barca, lo aveva tirato fuori, la barca si era rovesciata e anche i due occupanti erano finiti in acqua, lui era contento di avere compagnia, e la compagnia aumentò, altri da un’altra barca li tirarono su, questa volta con successo, alla fine era arrivato al bar.
    Il racconto, man mano che il tasso alcolico aumentava si coloriva sempre di più, fin quando il salvataggio non fu opera dei marò in mezzo alle rapide.
    Ormai è mattina , il bar comincia a svuotarsi, Franco e Amilcare sono di nuovo davanti all’ultimo bicchiere e all’ultima sigaretta, ascoltano ancora il registratore, i rumori della notte tornano a farsi sentire, tolto il brontolio dell’acqua e il lieve sciacquio gli altri non sono diversi dal solito.
    Ormai l’acqua si è ritirata, le strade piene di fanghiglia sono comunque percorribili, Franco torna verso casa, pensa al dott. Wu e alla storia dei memi, ha sempre più l’impressione che il cielo è solo un’entità astronomica, non c’è nulla cui appendere un gancio, ci sono solo gru e la cosa lo preoccupa, troppa responsabilità!

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  10. Tav 24-28
    La taverna si riempì rapidamente di gente che cercava rifugio e calore. Qualcuno per scaldarsi alzò un po’ troppo il gomito.
    Jean sedette nuovamente al tavolo e registrò le sue impressioni aiutato dal taverniere-filosofo, facendo tesoro di quella saggezza popolare ma genuina tra un buon bicchiere e una sigaretta.
    Quel diluvio si stava trasformando in tragedia per molti. Qualcuno sicuramente avrebbe perso la vita. Il panico incontrollato faceva più danni dell’acqua alta.
    Si sentiva depresso, Jean. Cominciava a pesargli tutta quella varia umanità che gli ruotava attorno. Ma non era pentito della sua scelta. Aveva bisogno di vivere quelle esperienze se un giorno voleva scrivere il suo “romanzo”. Aspettò che la fiumana si placasse e piano piano si avventurò sotto l’acqua .

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