martedì 13 aprile 2010

La città sgrammaticata - Abbraccio vegetale


Foto e testo di
Gigliola Siragusa
da Palermo

Mi trovo a Piazza Marina di fronte ad uno splendido esemplare di Ficus Macrophylla che misura circa 30 metri di altezza e con una chioma che si estende per un diametro di 50 metri. La villa che lo racchiude è la famosa villa Garibaldi realizzata tra il 1861 ed il 1863 dall'architetto Giovan Battista Basile, padre del geniale Ernesto. Le radici di questo albero monumentale offrono a chi le guarda la possibilità di perdersi con l'immaginazione e fantasticare sulle forme che l'occhio ne vuole ricavare.
Io qui ho voluto vederci un abbraccio che simbolicamente voglio fare alla nostra bella città maltrattata nei contenuti e nelle forme ormai da troppo tempo.

6 commenti:

  1. Sembrano mani, dita, gambe legate insieme. Quasi al centro ci ho intravisto anche qualcosa che ricorda un viso. E' un nodo incomprensibile e impossibile da sciogliere. Bellissima foto, anche questa formata da infiniti livelli di lettura.

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  2. lo avevo notato anch'io, quel visetto tra gli abbracci. E mi piace pensare che possa essere il frutto di questo abbraccio d'amore per la nostra abusatissima città: una nascita che è una rinascita.
    splash!

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  3. io non ci vedo un abbraccio vitale ma un abbraccio mortale. Anche il colore sa di putrefazione. Pare che siano braccia di cadaveri in decomposizione che tentano un orrido amplesso. Forse ormai è solo questa l'unica rappresentazione possibile per la nostra città che mai fu "felicissima" se non nelle intenzioni

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  4. Fara, tu che sei la "storica" della situazione,
    secondo te quando possiamo ritenere che Palermo abbia avuto veramente un momento se non di fulgore ma almeno di prosperità?
    Io pensavo a Federico II.

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  5. In realtà si tratta di un groviglio inestricabile di radici prepotentemente uscite dalla loro sede naturale. Solo un'anima gentile, abbacinata da un amore viscerale, e d'altri tempi, per la propria città, può vederci la raffigurazione di un abbraccio. Io vedo, in queste radici spudoratamente esibite, le nervature dei mali che stringono con forza invincible una città che una volta era detta felice (per una casta il cui vanto era non lavorare mai, per tutta la vita).

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  6. Gigliola, il periodo migliore, più ricco in tutti i sensi, fu quello dell'emirato musulmano che in parte fu ricostruito, dopo la devastazione, dai nuovi conquistatori normanni. Federico II, giustamente ricordato come imperatore di Germania e mai come re di Sicilia, invece spostando e deportando
    le popolazioni, favorendo immigrazioni
    calcolate e selezionate secondo il doppio criterio della fedeltà politica e della capacità tecnica e privando la città e l'isola della parte più attiva della popolazione ( musulmani ed ebrei che furono sterminati e deportati) lascia, nel 1250, una Sicilia radicalmente impoverita.

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