Il maestro Biscotto comunicò alla mamma che eccellevo in chiacchiere e scarabocchi e che lasciavo a desiderare in aritmetica. Disperata, corse ai ripari: la Madonna! Il figlio della Riccobono mi insegnò le equivalenze. Ma soprattutto feci la conoscenza di Tex Willer!
Che bell'intreccio, ragazzi!!
RispondiEliminaMi ha ricordato il mio incontro con Tex, più o meno alla stessa età. Una raccolta di albi ce l'aveva nel suo salone di barbiere Lillo, amico e collega del mio papà. Me ne prestò qualcuno: lui lo chiamava Tek.
RispondiEliminaIo sentivo che qualcuno lo chiamava Techis Viller: X e W troppo complicate.
RispondiEliminaLa storia è sempre più leggera e poetica.
RispondiEliminaSai, a proposito di lettere pronunciate in modo approssimativo mio padre mi ha confidato che alcune parole le doveva sbagliare apposta. Se le diceva in modo diverso da tutti gli altri lo avrebbero guardato male.
Burtlancàster: che ne dici? Accento sull'ultima "a". La "u" resta "u".
RispondiEliminaTouché: solo Burt si pronuncia con lo schwa (quella specie di e rovesciata), quel sono a metà strada tra la a, la e, la i, la o e la u. Una specie di rutto emesso da una mucca frisone col mal di pancia mentre fa i gargarismi con la carta vetrata.
RispondiEliminaNon immagini la delusione quando scoprii che la "u" andava eruttata alla frisonesca e non pronunciata "u" sic et simpliciter...
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