giovedì 16 giugno 2011

Lei mangiava da sola


Provate a scrivere un racconto (breve o lungo, fate voi tranquillamente). Un bel racconto estivo che si ispiri a questa immagine: una lei che al tavolino mangia da sola. Ma sono almeno tre a guardarla, a scrutarla, a desiderarla...
(E' un acrilico su tela del 2004, "Fontaine Sully", collezione privata, Donnalucata).

13 commenti:

  1. Era stata una giornata magnifica. Il sole caldo ma non rovente , il vento lieve, la sabbia fine e bianca, accecante, che annegava in un mare blu.
    L’acqua gelida del Mediterraneo li aveva sferzati. Avevano nuotato, corso sulla spiaggia . Si erano inseguiti, raggiunti, abbracciati, toccati, baciati e correndo si erano rifugiati nella loro camera dove ancora caldi e salati avevano fatto l’amore. Con dolcezza e poi con furore e poi ancora con passione. Riposavano ora e si tenevano per mano stesi l’uno accanto all’altra. Felici. Credeva.
    Uno squillo ruppe il silenzio : “Pronto …. Si… si…si” . Una voce di donna all’altro capo parlava, parlava, parlava. Clic!
    “Scusa amore. Devo andare adesso. Lo sai... Non posso restare”.
    Raccolse in fretta le sue cose e dopo un bacio rapido se ne andò.
    Lei rimase a guardare il soffitto. Una lacrima rotolò rapida di lato. Non le bagnò nemmeno il viso, scomparve inghiottita dal cuscino.
    Lentamente si alzò, si lavò, si truccò, si vestì. Raccolse i capelli con cura, come piaceva a Lui, per poterli sciogliere mentre facevano l’amore e scese.
    Il tavolo era apparecchiato per uno. Iniziò a mangiare mentre il buio della notte l’avvolgeva. Non si vedevano le stelle. Si sentiva solo il rumore della risacca. Il mare veniva ad abbracciare la sabbia per poi abbandonarla e poi tornare e poi andare sempre , eternamente portandosi via ogni volta qualche granello.

    ps
    Pensavate vi avessi abbandonato? Sbagliato!

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  2. Mammamiachebellooooo!!!!!!!! :D
    Fara, complimenti. E' una "scena" perfetta!

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  3. Che era, la sera del dì di festa o il sabato del villaggio? Insomma, quella poesia in cui tutto appare carico di promesse. A questo pensava Laura mentre si sedeva al bar davanti al porto. Sul tavolo un cappuccino, un cornetto e una piccola pila di giornali. Anche i giornali, prima di leggerli facevano sperare bene, in quella mattina strepitosa di metà giugno. Lì dentro poteva esserci scritto di tutto: persino che qualche potente finalmente smetteva di dire bugie e chiedeva scusa, oppure che avevano scoperto una cura definitiva contro tutto, oppure che avevano risolto i guai della povertà. Ogni movimento di Laura, ogni espressione del suo viso, l'aria stessa che la circondava era carica di questa gioia tutta da scoprire. Lei la assaporava piano come il cappuccino caldo al punto giusto, si sentiva serena come se nulla potesse ferirla e sorrideva come se nessuno potesse vederla, in quella mattina carica di promesse di inizio giugno.

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  4. Ho rubato
    Una visione
    A fronte di un sogno
    Strappato ai miei giorni.
    Sapere di averti conosciuto
    Rinnova soltanto il dolore…
    E il vederti, coscienza che esisti,
    Mi toglie un conforto d’estrema illusione.
    Germoglia il rimpianto
    Qui, solo qui,
    Qui, solo,
    Posso vederti
    Ma il sogno rimane lontano
    E anche tu
    Non ne fai più parte

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  5. Mangiava sempre da sola, lei aveva scelto la sua solitudine.
    I primi tempi una lotta, mangiare da sola era l’unica cosa che fare da sola la angosciava, quindi bivaccava sul letto o sul divano, la TV accesa la faceva sentire meno sola, che stupida illusione, adesso qualcosa era cambiato in lei ora mangiava su una tavola sobriamente imbandita in quell’ordine, che lei creava per lei, c’era l’ordine del monotono incedere dei suoi giorni tutti uguali ma anche una forma di rispetto che non si aspettava più dagli altri.
    La protagonista della mia storia, non è una donna, ma sono le donne che amareggiate e disilluse creano barriere tra sé e gli altri, donne che non si sono adattate perché hanno valutato sulla propria pelle che adeguarsi è uno sforzo che non conviene mai compiere, strane donne per i più, streghe dal fascino ambiguo perché nel loro modo di vivere non c’è nemmeno il più piccolo tentativo di ottenere l’altrui benevolenza.
    Donne che hanno vissuto come tante altre donne, amori, riamori, disamori ma che ad un certo punto della loro vita hanno scelto di fermarsi, dopo aver cercato a lungo una spiegazione, quante notti ad arrovellarsi il cervello, che senso ha…
    So bene che poteva essere più appetibile un racconto diverso:
    Aveva iniziato a spizzicare qualcosa in attesa di Lui. Si erano incontrati il giorno prima in riva al mare. Complici l’inebriante brezza marina e la luce del tramonto che indorava le loro sagome…bla…bla…bla…come si videro rimasero come folgorati…era come se si stessero cercando da tanto…troppo…tempo… una forte emozione…violenta quasi…li fece vibrare all’unisono…bla bla bla…
    Donne che si chiedono se le emozioni non albergano già in noi ed attendono con struggente desiderio il momento propizio per scagliarsi di getto su uomini che stanno aspettando frementi a causa delle loro emozioni che strepitano per trovare sfogo in situazioni intriganti…CARPE DIEM!!!
    Se questo era l’amore…lei mangiava da sola.

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  6. Io la conosco bene la tua Sally, non potevo non scrivere qualcosa
    "Aveva gli occhi asciutti, seduta rigida sulla sedia, mangiava con lentezza e compostessa, quel bistrot era vicino all’ufficio dove lavorava, spedizioni, merce che andava in tutto il mondo e lei compilando le lettere di carico sognava di luoghi esotici, lei che non era riuscita ad andare nemmeno in Algeria, non conosceva la terra di suo padre e di sua madre, ma sognava l’India, l’America, Casablanca , Marrakech; intanto compilava i suoi moduli, rispondeva al telefono.
    Quel giorno non sentiva neanche il sapore del cibo, ma faceva con calma, non avrebbe più fatto gli straordinari non pagati, il signor Albert non l’avrebbe più usata per accumulare produzione e prendersene il merito.
    Il signor Albert era bello, signorile ,anche gentile, troppo gentile e lei si era illusa, non si accorgeva nemmeno di lavorare al suo posto e poi ieri sera era successo, finalmente si era accorto che la signorina Sally, dietro il suo computer e i suoi grandi occhiali, non li avrebbe più messi, era anche una donna e non era stata né rigida né impettita quando le aveva accarezzato i capelli, l’aveva baciata, si era lasciata accarezzare, là nel suo ufficio, non c’era più nessuno, erano soli, l’amore poi era stato un po’ frenetico, veloce, certo, pensava Sally, è l’urgenza del desiderio.
    Il signor Albert l’indomani aveva fatto finta di niente, ma in una pausa le aveva spiegato che non era bene avere in ufficio rapporti diversi da quelli di lavoro, quasi la rimproverava come se lei l’avesse sedotto e traviato dalla sua morale di capo ufficio e padre di famiglia.
    Era stata una buona cosa, finalmente l’aveva visto per quello che era, un omuncolo che non meritava il suo amore, uno che si era fatto soltanto una sveltina con la segretaria e non voleva grane.
    Bene, niente più straordinari, avrebbe fatto il suo lavoro, questo sì, ma non sarebbe mai più stata lo sgabello di nessuno, si sarebbe presa il suo tempo e niente più occhiali, lenti a contatto quando servivano, del resto in quel momento gli occhiali non li portava e la realtà non era peggio del solito, anzi era un po’ ovattata, potevi abbellirla con la fantasia, tutto sommato il solito bistrot non era male, i camerieri erano simpatici, ogni tanto la proprietaria si informava se il cibo era di suo gusto, una volta le aveva addirittura offerto per provarla, una porzione di fois grass.
    Il sapore del cibo cominciava a tornare , il piacere del calice di bianco, bene, oggi anche il dessert "

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  7. Il marito
    "Non vengo a pranzo,faro'tardi in ufficio,ci vediamo stasera a cena"
    "Va bene,a stasera...ciao"
    "Ciao...click"
    La tristezza,mista ad un falso senso di colpa,lo avvolgeva ogni volta che adduceva scuse meschine,si materializzava fredda e lampante nello specchio dell'ascensore e svaniva del tutto quando,in piena eccitazione giovanilistica,prendeva un taxi che lo avrebbe scaricato tra le calde e rassicuranti cosce della sua amante.
    La figlia
    "Ciao 'ma"
    "Ciao tesoro...mangi qualcosa?"
    "Non adesso...magari piu' tardi...vado in camera"
    Anche lei veniva avvolta dalla tristezza quando rientrando da scuola trovava la madre che pranzava da sola...perche' lei aveva capito..."
    Amava profondamente i suoi genitori,con sua madre aveva un buon rapporto,apprezzava la sua discrezione,il suo lasciarla far tardi senza fare domande o scenate come a volte faceva suo padre...ipocritamente penso'...
    L'uomo del palazzo di fronte
    L'architetto che viveva nel palazzo di fronte,quasi senza volerlo,si era ritrovato a "spiare" la donna.Dal suo studio riusciva a vedere l'ampia cucina e parte di altre stanze.
    Era rimasto affascinato da questa donna ancora molto bella e dotata di una eleganza che era manifesta in tutte le sue attivita' quotidiane.
    Un giorno l'aveva incrociata tra gli scaffali del discount sotto casa.Per la prima volta aveva visto i suoi occhi verdi e malinconici.
    Sorrise pensando che gli era passato per la mente di fermarla per dirle qualcosa,magari per una tazza di caffe'.Penso' di essere un ingauribile rovina famiglie.

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  8. Sono uno più bello dell'altro....
    Complimenti a tutti!!!!

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  9. ...e stavolta ci si mette anche Gemma...

    Era sabato, un sabato di giugno, tiepido, lento, assonnato.
    Aveva tante cose da fare quel giorno, troppe.
    A casa, fuori, per sè, per gli altri...il marito, i figli, la suocera, le amiche, le colleghe... c'era sempre qualcuno che aveva bisogno di lei.
    Ma era un sabato di giugno, tiepido, lento, assonnato...
    Ancora in pigiama, un caffè, un biscotto, la televisione, per sapere cosa c'è di nuovo, come diceva sempre sua madre.
    Fuori la luce era abbagliante, il cielo limpido, l'aria si andava scaldando, la voglia di "fare" non voleva proprio venire.
    All'improvviso una domanda scoppiò nel suo cervello: "Perchè no?"
    In fretta si vestì, con le prime cose che le capitarono,lasciate lì dalla sera prima, un passaggio veloce dallo specchio, una pettinata, un paio di orecchini, che non dimenticava mai, la borsa, le chiavi e giù, in macchina.
    Aria, voleva aria: percorse i pochi chilometri che la portavano verso la città, canticchiando vecchie canzoni estive, con la consapevolezza di aver lasciato tutto dietro le spalle, senza dir niente a nessuno. Per quel giorno voleva essere libera, senza legami e senza impegni.
    Non desiderava cose impossibili: una passeggiata in centro, guardare vetrine, comprare qualcosa, passeggiare, visitare quella deliziosa galleria che aveva sempre visto di passaggio, ma non aveva mai avuto il tempo...
    Niente di speciale, ma da sola e solo per sè, senza nessuno e senza fretta, con tutto il tempo necessario.
    Gli altri potevano aspettare, si sarebbero organizzati senza di lei, per quella giornata.
    Era decisa e felice, mentre mangiava in un delizioso locale con quei piccoli tavolini nel giardino, che aveva sempre visto passando frettolosamente.
    La fretta, sempre la fretta aveva dominato le sue giornate.
    Ma oggi no!

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  10. La nuova arrivata è innegabilmente bella.
    Capelli neri, fronte alta e spaziosa, corpo sinuoso. Mangia sempre da sola. Arriva al solito tavolino con un incedere quasi reale: passo deciso, sguardo fiero. Poi si siede e tutt' ad un tratto sembra perdere la sua rigidità. Il viso si rilassa e gli occhi si fanno acquosi e limpidi. All'inserviente che le porta il pranzo, dedica un sorriso ampio e luminoso. Io la guardo dalla grande finestra della cucina e mi chiedo qual è il motivo che ha condotto una bella e giovane donna come lei, in un posto come questo. Quasi quasi mi prendo una pausa... Esco, mi presento e magari le chiedo se posso sedermi al tavolo con lei...

    Beh, di certo non si può dire che qui si mangia male! ... I grandi spazi aperti, il verde, gli animali da accudire, l'orto, le attività in cui ci coinvolgono... Ci si potrebbe pure dimenticare dove siamo, se non fosse per i colloqui con i medici ed i pianti che alcune notti squarciano il silenzio della notte. E' strano, di giorno tutti sembrano così tranquilli, sorridenti... E' al calare della sera che si trasformano. Chissà chi è che urla... Non sono ancora riuscita a decifrare le voci che turbano i miei sogni. Sono qui da cinquantacinque giorni, ed il tempo sembra essersi fermato. Rispetto alla cella in cui sono stata chiusa otto anni, questa è la cosa più prossima al paradiso che io abbia mai concepito.
    Mangio ancora da sola, non c'è nessuno che si sia avvicinato e nessuno a cui io mi sia avvicinata, o quanto meno presentata. Capisco che gli altri “ospiti” mi stanno studiando. Osservano tutti i miei movimenti, osservano persino il mio modo di vestire, nella speranza di capire qualcosa di me. Non li condanno per questo. Io faccio lo stesso con loro. Li guardo e subito dopo provo a collocarli nella drammatica scena a causa della quale si trovano qui, oggi.
    Sono sempre una “solitaria”... Un po' schiva... Non sono di molte parole... Ad una prima impressione posso dare pure l'idea d' essere un po' snob... Forse è a causa di questo mio modo d'essere, che tutti mi hanno sempre tenuta a debita distanza... … … … … … … NO!!! Ma a chi voglio darla a bere?! Lo so, lo sappiamo bene perché la maggior parte della gente mi evita...

    Eccola là.
    Mastica, assorta, persa nei suoi pensieri. Chissà su quali sentieri la stanno conducendo, questa volta... La guardo, da lontano, in silenzio, seduta da sola, e la rivedo quand'era bambina giocare con la mollica di pane, a tavola, insieme a suo fratello. Ancora oggi, dopo tanti anni, non riesco a capire. Forse, in fondo, non ci ho mai provato. D'altronde, come sarebbe possibile concepire, capire il perché di un gesto tanto assurdo? Come sarebbe possibile accettare tanto dolore? Vado avanti provando a non pensare, provando a dimenticare l'orribile scena che ogni giorno, quando torno a casa, si presenta nel ricordo ancora vivido davanti ai miei occhi... Ho una figlia che per una sera si è trasformata in un mostro, ma... E' mia figlia. Ed è l'unica persona che mi è rimasta. Lei, la causa della distruzione della mia vita, e ancora lei, l'unica ragione per vivere ancora.
    Chiedo un piatto di frutta all'inserviente, e vado a sedermi con lei.

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  11. Il locale era affollatissimo: famiglie con bambini,coppiette occhi negli occhi, comitive di ragazzi chiassosi, gruppi di anziani in vacanza....e poi c'era lei.
    Seduta al suo tavolo, dritta e impettita con lo sguardo perso davanti a se. Sola.
    Tutti gli avventori del locale la guardavano con curiosità, lei ne era consapevole, ma non abbassava lo sguardo. Era "orgogliosa" di essere sola.
    Gli altri non potevano saperlo, ma lei la vera solitudine l'aveva provata per anni.
    Anni passati ad aspettare che lui rientrasse dal lavoro: curata, truccata, la cena pronta, la tavola imbandita, tutto in bell'ordine, il suo piatto preferito...ma nessun commento, nessun sorriso, nessun apprezzamento, come se fosse invisibile, come se tutto fosse "dovuto".
    Se provava a parlare, a raccontare qualcosa di suo, qualche episodio della sua giornata si accorgeva di non essere ascoltata, perchè lui era immerso fra le pagine del giornale oppure stava ascoltando le notizie in tv. Se voleva renderlo partecipe di qualche sua scelta o decisione si sentiva rispondere: "fai tu, per me è lo stesso"...
    Ci aveva provato per anni a smuovere quell'apatia poi, pian piano aveva rinunciato:non aveva più cercato il dialogo, non aveva più tentato di renderlo partecipe, anzi lo escludeva in partenza, non cercava di comunicare i suoi stati d'animo, i suoi malesseri o le sue gioie, tanto non sarebbe servito.
    Faceva il suo dovere in silenzio...e un senso di solitudine le attanagliava il petto...niente è più brutto che sentirsi soli quando si è accanto agli altri!
    Poi un bel giorno aveva avuto un lampo: "Ma che cambia? che cambia nella mia vita se sto sola o se ho questo fantoccio accanto?...Assolutamente nulla!!!"
    Senza dire una sola parola aveva raccolto le sue cose ed era andata via!
    Da due mesi ormai viveva così: sola, ma felice di esserlo, perchè questa volta era stata una sua scelta, non una condizione imposta dall'atteggiamento di qualcun altro.
    La solitudine,a volte, non dipende dalla presenza o meno di altre persone;essa è uno stato d'animo: puoi soffrirne se hai vicino persone che non ti tengono in considerazione, non sentirla se stai bene con te stessa!!!

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  12. Lei mangiava da sola.....erano anni che lo faceva, che aveva rinunciato alla compagnia e alle chiacchiere...erano anni che la voglia di controllo aveva preso il sopravvento su di lei....
    All'inizio sua madre lo aveva associato alle crisi adolescenziali che rovinano il carattere...ai suoi occhi era diventata una ragazza scorbutica e scostante come tante, che si infastidisce al solo sentire la voce dei familiari, la noia delle loro conversazioni, i discorsi sempre uguali a se stessi....era più facile pensare che fosse solo un momento...meno doloroso...ma magari fosse stato solo questo....
    In realtà lei aveva cominciato con l'alzarsi da tavola a metà pranzo per andare in bagno...e nessuno ci aveva fatto caso, nè il primo, nè il secondo nè il terzo giorno, nè mai.....nessuno aveva notato la foga con cui si abbuffava, la fatica degli ultimi istanti prima di alzarsi da tavola per non "perdersi" niente e poi la ritrovata fame dopo essere tornata dal bagno....se solo avessero visto come riusciva, infilandosi le dita in gola, a buttare tutto fuori forse sarebbero stati ancora in tempo....in tempo per aiutarla a non farle tirare lo sciacquone sulla sua vita....l'acqua e il suo rumore non tiravano via solo il bolo indigerito ma anche una parte di se....la consapevolezza dell'inadeguatezza di suo padre a proteggerla, il ricordo di quelle frasi stupidamente ironiche che sentiva risuonare in testa..."ma quantu ti stà faciennu 'u culu.... (1)", " talè chi cosci ca si sta facennu a carusa (2)" "talè ch'è scioccuata (3)" accompagnate da quelle grosse e grasse risate....ahahahahahahaha ahahahaha ahahahah... grasse, si.....
    proprio come lei....
    Poi con il tempo non le era bastato più...e piano piano si era resa convinta che, se non riusciva a controllare la sua vita, la sua famiglia, la stupidaggine delle persone, avrebbe almeno potuto controllare il cibo, il suo peso....e altrettanto piano piano si era accorta che questa forma di controllo le dava un senso di forza che mai aveva provato...un controllo effimero, che finiva appena si alzava da tavola e doveva, suo malgrado, riprendere a vivere...ma pur sempre un controllo....
    E ancora adesso, malgrado i suoi 41 chili di peso per 1 metro e 75 cm di altezza, l'immagine che lo specchio le rifletteva era sempre quella di una ragazza cicciottella, con i fianchi larghi e il sederone e l'unica rivalsa che aveva sul mondo era quella sua abitudine a sedersi a tavola da sola....bevendo i suoi beveroni e mangiando le sue minestrine e le sue mele insapori..... da sola...per evitare gli sguardi di compassione, gli ammiccamenti perplessi, le domande....lei avrebbe continuato a mangiare da sola per sempre...anche se quel per sempre non sarebbe poi equivalso a molto tempo......

    (1) letteralmente "ma quanto ti sta diventando grosso il sedere";
    (2) letteralmente "guarda che cosce che si sta facendo la ragazza";
    (3) letteralmente "guarda come è in carne".

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