Nuoooooooooo!!! Pensa che sto scrivendo un lungo post proprio sui due personaggi che citi. L'incipit potrebbe essere davvero interessante. Ci si potrebbe trovare migliaia di chiavi di lettura diverse... Potrebbe essere ambientato all'inizio del secolo scorso, con un John Hawkins emigrante che arriva in un'America (sua isola del tesoro come possibilità di riscossa e di una vita migliore). Ma anche durante la guerra del 15-18. Mmm... devo pensarci meglio.
Ricordi Gianni, abbiamo parlato dell'Isola del tesoro quando ci siamo incontrati a Roma, poco meno di un anno fa. Poco dopo averti salutato, in bella mostra su una bancarella di via delle Terme di Diocleziano ho visto una copia illustrata (non da Pratt, purtroppo) e l'ho comprata. Il mio libro, quello che ho letto da piccolo, chissà dov'è andato a finire.
Di stevensoniano non so, però mi piacerebbe ripescare il testo che avevo scritto tempo fa, la prima volta che avevo visto questo disegno:
Gli avevano detto che all’America avrebbe visto gli indiani con l’ascia di guerra e le piume in testa. E che nei saluni a cantare c’erano ragazze bellissime vestite di seta. E che avrebbe trovato a suo padre, all’America. Che lui non lo conosceva perché era partito per l’America a fare la giobba quando lui era troppo piccolo, otto anni fa. Per questo Pinuzzo era contento quando era salito su quella nave grossa grossa e aveva tenuto fino all’ultimo tra le mani un gomitolo di lana colorata. La mamma, là sotto, teneva un capo del filo e quando la nave aveva cominciato a tremare il gomitolo era diventato sempre più piccolo, come la mamma là sotto. Poi all’America a suo padre lo aveva trovato davvero. Era vestito come i signori e fumava il sicarro come i signori. Ma sicuro non gli voleva bene come la mamma, perché aveva la faccia lontana e quando erano usciti da Elli Saila gli aveva posato tra le mani una scatola di sicarri dei signori e gli aveva detto: «Stai lì e vendi. Sell, capisti?». A suo padre l’aveva trovato, ma ora voleva scappare lontano da quella città sporca per andare a dagli indiani, o dalle ragazze di seta, o dalla mamma.
Ecco, appunto. Io ho letto prima il libro di Stevenson (che non avevo mai letto) e poi l'adattamento a fumetti di Milani e Pratt. Ne parlo anche nel mio ultimo post :)
Io credo, Luigi, che tu saresti adattissimo alla stesura di un ideale sequel: anche perchè avresti il giusto disincanto di chi è rimasto affascinato ma non folgorato dall'Isola del tesoro!
Nuoooooooooo!!! Pensa che sto scrivendo un lungo post proprio sui due personaggi che citi.
RispondiEliminaL'incipit potrebbe essere davvero interessante. Ci si potrebbe trovare migliaia di chiavi di lettura diverse... Potrebbe essere ambientato all'inizio del secolo scorso, con un John Hawkins emigrante che arriva in un'America (sua isola del tesoro come possibilità di riscossa e di una vita migliore). Ma anche durante la guerra del 15-18. Mmm... devo pensarci meglio.
Bravo Gianni. Bella scintilla.
Thanks!!! Ho appena letto il capolavoro stevensoniano nell'adattamento prattiano: che meraviglia!
RispondiEliminaRicordi Gianni, abbiamo parlato dell'Isola del tesoro quando ci siamo incontrati a Roma, poco meno di un anno fa. Poco dopo averti salutato, in bella mostra su una bancarella di via delle Terme di Diocleziano ho visto una copia illustrata (non da Pratt, purtroppo) e l'ho comprata. Il mio libro, quello che ho letto da piccolo, chissà dov'è andato a finire.
RispondiEliminaGiovanni, ma perché non scrivi qualcosa di stevensionano? Penso che tu ce la possa fare, mi fido!
RispondiEliminaDi stevensoniano non so, però mi piacerebbe ripescare il testo che avevo scritto tempo fa, la prima volta che avevo visto questo disegno:
RispondiEliminaGli avevano detto che all’America avrebbe visto gli indiani con l’ascia di guerra e le piume in testa. E che nei saluni a cantare c’erano ragazze bellissime vestite di seta. E che avrebbe trovato a suo padre, all’America. Che lui non lo conosceva perché era partito per l’America a fare la giobba quando lui era troppo piccolo, otto anni fa. Per questo Pinuzzo era contento quando era salito su quella nave grossa grossa e aveva tenuto fino all’ultimo tra le mani un gomitolo di lana colorata. La mamma, là sotto, teneva un capo del filo e quando la nave aveva cominciato a tremare il gomitolo era diventato sempre più piccolo, come la mamma là sotto. Poi all’America a suo padre lo aveva trovato davvero. Era vestito come i signori e fumava il sicarro come i signori. Ma sicuro non gli voleva bene come la mamma, perché aveva la faccia lontana e quando erano usciti da Elli Saila gli aveva posato tra le mani una scatola di sicarri dei signori e gli aveva detto: «Stai lì e vendi. Sell, capisti?». A suo padre l’aveva trovato, ma ora voleva scappare lontano da quella città sporca per andare a dagli indiani, o dalle ragazze di seta, o dalla mamma.
Ecco, appunto. Io ho letto prima il libro di Stevenson (che non avevo mai letto) e poi l'adattamento a fumetti di Milani e Pratt.
RispondiEliminaNe parlo anche nel mio ultimo post :)
Io credo, Luigi, che tu saresti adattissimo alla stesura di un ideale sequel: anche perchè avresti il giusto disincanto di chi è rimasto affascinato ma non folgorato dall'Isola del tesoro!
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