giovedì 26 gennaio 2012

Proposta per un Museo dei Fumetti a Palermo


di Marcello Benfante
(su Repubblica del 26 gennaio 2012)


Mi inserisco, a latere e con una modesta proposta, nel fervido dibattito sulla rinascita dei Cantieri Cultuali alla Zisa e sulle ipotesi di utilizzazione dei suoi vasti spazi e delle sue enormi potenzialità.
L’idea, piccina piccina, ma al tempo stesso ambiziosa, è questa: perché non pensare a un luogo, un capannone, una struttura, deputata al fumetto? Ossia dedicata esclusivamente e in modo permanente a questa semplice arte ancora negletta e sottovalutata, nonostante ripetuti (e un po’ ipocriti) sdoganamenti accademici e critici.
Molti anni fa avevo lanciato (si fa per dire) l’idea di un Museo cittadino del fumetto con alcuni articoli che praticamente non ricevettero risposta. Solo Rosanna Pirajno, anche lei appassionata cultrice della bande dessinée, mi fece da sponda in quella iniziativa. D’altronde la Pirajno aveva aperto al fumetto le porte della Facoltà di Architettura con una serie di corsi né estemporanei né ruffiani.
I tempi forse non erano maturi, anche se già a Palermo il fumetto era una realtà culturale vivace e attiva. Vantiamo infatti una tradizione fumettistica cittadina che risale almeno agli anni Ottanta del Novecento, per non andare troppo a ritroso (ma che naturalmente si potrebbe ricondurre fino ai fogli satirici, come l’eroico “Piff Paff”, o alla letteratura illustrata per l’infanzia, di cui Vanni Pucci, per esempio, fu versatile interprete).
Un trentennio fa operava in città, organizzando grandi rassegne, convegni, mostre, pubblicazioni, concorsi e altro ancora, un’associazione culturale che si chiamava Manycomics, che era presieduta da Giuseppe Giambalvo, uno dei più grandi collezionisti ed esperti del settore in Italia.
Il testimone fu poi raccolto da Domenico Denaro, che diede anche vita ad una sua associazione, L’Arca Perduta, e si lanciò con audacia perfino nel campo dell’editoria di massa e seriale, dopo un’azzeccata collana di saggistica.
Forse un po’ naif e forse anche velleitarie, queste intraprese aprirono comunque una varco, segnarono una via. Fatto sta che dalla fucina di Manycomics vennero fuori alcuni cartoonist di grande personalità. Tra questi mi piace ricordare Alfonso Cucinelli, oggi attivo a Milano con una elegante e surreale grafia underground. E soprattutto Gianni Allegra, vignettista e pittore con una carriera di respiro internazionale, cui si deve anche un primo esperimento didattico, presso l’Opera Universitaria, dal quale rampollarono molti talentuosi disegnatori.
Se Palermo ha potuto produrre fumettisti di sicuro valore artistico e professionale come Sergio Algozzino, Valerio Spataro, Claudio Stassi, Joe Vito, o sceneggiatori di grande ingegno e mestiere come Giovanni Di Gregorio o letteristi di scattante calligrafismo come Maurizio Clausi, è anche grazie a quelle pionieristiche esperienze un po’ folli, un po’ border line.
Va da sé che in queste elencazioni si rischia di essere sempre ingenerosi e lacunosi. Oggi, la Scuola del Fumetto-Grafimated Cartoon continua a coltivare il sogno nuvoloso di tanti giovani che, oltre ad avere una bella mano, un segno pulito e aggraziato, spesso hanno anche chiarissime idee, una vivida fantasia, un mondo di cose da comunicare. La rivista Margini ha cercato, con le sue limitate forse, di valorizzare questo interessante vivaio.
Le risorse in campo adesso sono molte e varie. Vi sono studiosi agguerriti e aggiornati, collezionisti un po’ nostalgici, artisti dilettanti ed esperti professionisti, semplici ma assai ferrati lettori.
E vi sono luoghi d’incontro. Intorno alla fumetteria Altroquando di Corso Vittorio Emanuele ruota tutto un universo, un variopinto comicdom, che non è, da un pezzo, un ghetto paraletterario o pseudoartistico, ma un compartimento sofisticato e consapevole della vita culturale dei nostri giorni.
Certo sono tempi duri per i musei, come dimostra la sofferta esperienza di Palazzo Riso, in questi giorni dibattuta nelle cronache cittadine. Ma un museo del fumetto, purché non inteso come inerte esposizione, come un raggelato archivio, sarebbe davvero un modo alternativo di instaurare un dialogo fra tradizione e innovazione, conservazione memoriale e attualità, gallerismo e dinamismo.
Né potrebbe trovare collocazione più idonea e funzionale che presso i Cantieri Culturali. Insieme obsoleto e postmoderno, ancora gutenberghiano ma anche futuribile, il fumetto è un genere, una forma espressiva, che proprio in uno spazio ambivalente di recupero di un’archeologia industriale e di progettazione di nuove esperienze laboratoriali può felicemente insediarsi ed esaltarsi.
Nella cittadella polivalente della Zisa, com’essa venne concepita negli anni orlandiani e come torna a proporsi nelle intenzioni di un lucido e determinato movimento di intellettuali, il fumetto potrebbe e dovrebbe intessere rapporti con il cinema, di cui da tempo ha ormai cessato di essere mera ancella, per trasformarsi in un grande serbatoio di stimoli e suggestioni, di temi e stilemi.
O con la le belli arti, ribaltando anche qui il rapporto di derivazione (si consideri per esempio l’opera di Alessandro Bazan, così intrisa di comic art, o l’evoluzione di Francesco De Grandi, per fare solo due esempi significativi dell’odierno panorama pittorico palermitano). O ancora con la letteratura (e chissà che il romanzo di Palermo, tanto atteso e agognato, non si presenti nelle tavole di un graphic novel piuttosto che in forme tradizionali).
Con un grande passato alle sue spalle e un ostinato futuro davanti a sé, il fumetto, che crescendo si è problematizzato senza perdere del tutto la propria innocenza, ha molto da dire e da dare, anche in questa nostra città che sembra incapace di sognare e fantasticare, a un midcult omologato e noioso, a capi d’opera talora più sedicenti che supponenti.

3 commenti:

  1. Bel pezzo!
    Grazie della pubblicazione.

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  2. Leggo da Angouleme, bel pezzo. Complimenti per l'idea.

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  3. In questo articolo c'è tanto arrosto e poco fumetto.
    Auguri per un grande presente.

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